Luca Vullo, il regista degli italiani nel mondo
Patrizia La Daga

Patrizia La Daga

Giornalista milanese, co-fondatrice di ItalianiOvunque.com. Si è sempre occupata di temi economici, sociali e culturali e ha condotto trasmissioni televisive su emittenti private. Dal 1999 risiede in Spagna, a Barcellona, dove per alcuni anni ha fondato e diretto la rivista a diffusione nazionale "Ekò", specializzata nella new economy. Nel 2012 ha creato Leultime20.it, sito dedicato ai temi letterari e culturali. Dal 2018 organizza e presenta l'evento di storytelling motivazionale Leadership Arena con grandi personaggi italiani e spagnoli. Leggere, viaggiare e fare sport sono le sue grandi passioni (dopo i suoi due figli).

Luca Vullo, 37 anni siculo-calabrese di origine, ma residente a Londra dal 2012, si è affermato negli ultimi anni come “il regista degli italiani nel mondo”. Il suo documentario più noto, La voce del corporacconta agli stranieri la gestualità siciliana, poi estesa a quella italiana, tanto variegata quanto sconosciuta, che fa del nostro popolo un caso unico nei codici di comunicazione internazionali. Un film che è diventato oggetto di corsi e seminari nelle principali Università del mondo e che ha consacrato Luca Vullo non solo come regista, bensì anche come coach e vero e proprio one-man show.

La gavetta in Italia, il successo a Londra

La storia dei successi di questo poliedrico artista è di quelle che si raccontano con piacere, ma anche con rabbia, per la consapevolezza che ancora una volta il “sistema Italia” ha obbligato un cittadino di talento a trasferirsi all’estero per ottenere il riconoscimento del suo lavoro. È nel Regno Unito, infatti, che Luca Vullo, con la sua Ondemotive Production, fondata già nel 2006, armato di pazienza e buona volontà, bussa a alle porte di ogni possibile interlocutore fino a trovare la chiave che le aprirà tutte.

Luca Vullo, il regista

Conversare vis à vis con un esperto in gestualità significa esporsi a una sorta di “radiografia” della personalità, cosa che potrebbe creare qualche imbarazzo, visto che ogni espressione non verbale viene elaborata e interpretata, ma grazie alla grande simpatia di Vullo, che qualcuno ha definito “un videogioco vivente”, non ci si sente mai a disagio. Al contrario, la chiacchierata rivela sensibilità condita da un giusto mix di egocentrismo determinazione.

È lo stesso regista a spiegare il suo percorso.

Dopo aver lasciato la Sicilia per frequentare il Dams di Bologna, che non ho terminato, per anni ho lavorato in Italia, realizzando video aziendali e soprattutto cortometraggi nel settore del sociale. Lavoravo tantissimo, anche in situazioni delicate come quella in un carcere minorile, ma alla fine nessuno mi pagava mai. Era frustrante! Stavo meditando di trasferirmi in Francia, perché conoscevo la lingua, ma il caso ha voluto che incontrassi una fanciulla inglese e così decisi di seguirla a Londra.

Senza conoscere la lingua e privo di contatti, Luca Vullo a Londra porta il suo documentario La voce del corpo, che aveva realizzato per partecipare a un concorso della Regione Sicilia, in cerca di opere che promuovessero la cultura e la tradizione dell’isola.

Ho cominciato proponendo ai responsabili dell’Istituto italiano di Londra di organizzare un seminario sul tema della gestualità con proiezione del film. Accettarono, ma trattandosi di un’Istituzione importante, non fui inserito nel calendario ufficiale dei loro eventi. Si aspettavano poche persone, ma io mi incaricai personalmente di promuovere la conferenza, facendo persino porta a porta con i volantini che avevo fatto stampare. Avevo le idee chiare: non ero nel Regno Unito per fare il cameriere, volevo a tutti costi riuscire a portare avanti il mio lavoro. Così, il giorno della conferenza si presentarono più di 150 persone, molte inglesi, incuriosite dal tema. Tra loro c’era una ragazza che lavorava al Nationl Theater, che al termine dell’evento volle acquistare una copia del Dvd. Poco tempo dopo venni chiamato dal teatro che mi voleva come coach di gesti siciliani per i loro attori, che dovevano mettere in scena un’opera di Pirandello.

La BBC e le Università aprono le porte a Luca Vullo

L’esperienza in teatro e un successivo articolo di The Guardian rivelano al pubblico inglese l’esistenza di un mondo sconosciuto, quello della gestualità italiana, che Luca Vullo ha saputo spiegare così bene nel suo film-documentario. Nessuno prima di lui aveva ideato la figura del formatore specializzato in questa materia, ma nel Regno Unito il tema incuriosisce e diverte. La BBC lo chiama per un programma dedicato ai non udenti e nel giro di poco è la volta dell’Università di Bristol che lo vuole per un seminario di due giorni ai suoi studenti.

A partire da quel giorno non mi sono più fermato. Ho girato il mondo con il mio film e ho organizzato spettacoli teatrali in cui sono solo sul palco. Io, i miei gesti e gli spettatori.

Le lezioni di Luca Vullo partono dalla proiezione del film e si trasformano in veri e propri spettacoli interattivi. A organizzare tutti gli eventi ci pensa la sorella del regista, Liana, che senza spostarsi da Caltanissetta dove vive, gli fa da manager.

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Trattandosi di un italiano e di un’attività a dir poco originale, è lecito pensare che intorno alla figura di Luca Vullo sia circolato ogni tipo di pregiudizio. L’interessato conferma, ma spiega così la strategia con cui combatte le obiezioni dei più scettici:

Io entro nel pregiudizio come un ariete e lo distruggo. Noi italiani siamo il popolo più capace di comunicare col corpo di qualunque altro. È un plus, non uno svantaggio. La nostra gestualità è un codice di comunicazione ricchissimo, che ha origine nella nostra storia e come tale va valorizzato. Antropologi ed etnologi lo hanno  studiato, ma nessuno mai l’ha raccontato. Io lo faccio, cercando di essere educativo e divertente allo stesso tempo.

Un nuovo documentario sull’immigrazione italiana a Londra

Il nuovo sforzo creativo di Luca Vullo, presentato in un tour internazionale, si chiama Influx, documentario dedicato agli espatriati italiani a Londra, una realtà che conosce da vicino, facendone parte egli stesso.

Mi piace frequentare i miei connazionali, qui a Londra ho tanti amici. Non sono di quelli che una volta fuori dall’Italia non fanno che parlare male del loro Paese. Amo tornare nella mia terra, soprattutto per stare con la mia famiglia, che mi manca molto. Però, ora che conosco la realtà inglese, ogni volta che torno in Italia mi arrabbio per lo spreco di risorse e di talenti. Non ho più pazienza, non sopporto le cose “storte” dell’Italia. E di Londra mi piace il “ritmo”, il dinamismo.

Pur amandolo molto, l’analisi del regista sui limiti del nostro Paese, è spietata:

In Italia il sistema sociale, la mentalità, il clientelismo schiacciano ogni iniziativa. A Londra mi è bastato presentare il mio progetto e, senza conoscere nessuno, mi è stata data una possibilità. In Italia nessuno ti ascolta. Il nostro sistema ti fa rassegnare, ti fa sentire che non sei nessuno e uccide i tuoi sogni. Ai ragazzi delle scuole che vengono ai miei seminari dico sempre di non smettere mai di sognare.

A proposito di sogni è inevitabile domandare a Luca Vullo quale sia il suo. Il regista, che tra un documentario e l’altro sta scrivendo un film di fiction, ha le idee chiare:

Vorrei creare uno spazio artistico internazionale in cui unire arte, cultura, spettacolo e in cui lavorasse tutto il mio team familiare. Ho già in mente una possibile location ma è ancora prematuro parlarne.

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