La circoncisione del mio bambino in Tunisia
Alina Gianfrancesco

Alina Gianfrancesco

Pasqualina Gianfrancesco, Alina per gli amici, laureata in lingue orientali, vive da 5 anni in Tunisia. Ha lavorato per diversi anni alla Camera di Commercio Italiana a Tunisi e grazie al matrimonio con un tunisino è molto ben integrata nella comunità locale. La sua conoscenza del Paese e delle dinamiche di una coppia mista fa di lei l'Ambasciatrice ideale di ItalianiOvunque.com

Il mio primo post di questo 2017 ho deciso di dedicarlo a un tema delicato e molto controverso che ho vissuto da vicino: la circoncisione del mio bambino. Ho sposato un uomo musulmano e sono consapevole del fatto che esistono rituali della fede islamica diversi dai nostri, ma che sento di dover rispettare.

Le mie scelte non sono dettate solo dal cuore ma anche dalla conoscenza e dalla documentazione, fondamentali per poter comprendere pratiche così lontane dalle nostre abitudini, specie quando riguardano il proprio bambino.

Battesimo e circoncisione

Nel mondo islamico, quello della circoncisione dei figli maschi, che in tunisino viene chiamato tuhur, è ben più di un semplice rito o di una tradizione: è un aspetto veramente essenziale della fede ed è una condizione importante dell’essere musulmano. Per capirci, la circoncisione è paragonabile al Battesimo cristiano, quindi un sacramento fondamentale per i credenti.

circoncisione e battesimo
Scene da un Battesimo

Per questo motivo io stessa, pur tra mille dubbi, non volendo deludere mio marito, ho deciso di far circoncidere nostro figlio. Desideravo che ci fosse un’intesa serena tra di noi e per me anche questa è stata una prova del fatto che ci si può venire incontro pur avendo fedi diverse.

Quella della circoncisione è un’esperienza che accomuna tante mamme come me, «in bilico» tra due mondi, sposate con un uomo di fede islamica e con figli maschi; mamme che hanno affrontato questa scelta con tanta ansia e apprensione per i propri piccoli, spesso sopraffatte da mille dubbi e pensieri.

Può sembrare strano e contraddittorio, ma noi abbiamo voluto battezzare e circoncidere allo stesso tempo il nostro bambino perché, sia mio marito che io, crediamo nel rispetto reciproco e siamo convinti che quando nostro figlio sarà grande avrà gli strumenti giusti per fare le sue scelte in totale autonomia.

Una decisione sofferta
Torta in pasta da zucchero realizzata espressamente per festeggiare la circoncisione di un bambino in Tunisia.
Torta in pasta da zucchero realizzata espressamente per festeggiare la circoncisione di un bambino in Tunisia

Il mio bambino, Adam Leandro, ha un anno e mezzo, è nato a Tunisi (dove risiedo da quasi 6 anni) in un’ottima clinica del posto.

Sei mesi fa, all’età di un anno, è stato circonciso in una struttura sanitaria del quartiere in cui viviamo.

Sin dalla sua nascita sapevo che sarebbe arrivato questo delicato momento e ammetto che la cosa mi spaventava molto, anche perché all’inizio non sapevo in cosa consistesse esattamente.

Quello che però sapevo con certezza, era quanto mio marito e la sua famiglia ci tenessero. Se mi fossi opposta, sarebbe stata una vergogna per tutti, e forse pure per me.

Un rito che viene da lontano

La pratica della circoncisione, (khitan in arabo classico e tuhur in tunisino) risale a più di 150 mila anni fa, esiste sia nella fede musulmana che in quella ebraica e consiste nella rimozione chirurgica (detta escissione) del prepuzio.

Il rito, a differenza di ciò che credono i malinformati, non ha nulla a che vedere con le terribili mutilazioni genitali praticate alle bambine, che l’Islam vieta tassativamente.

In alcune culture i maschi devono essere circoncisi subito dopo la nascita e in generale si procede sempre nei primi mesi di vita, durante l’infanzia oppure al massimo durante la pubertà, quale rito di passaggio.

Qui in Tunisia, nella maggior parte dei casi, si procede alla circoncisione nei primi mesi dopo la nascita, ma c’è anche chi preferisce farlo quando il bambino è un po’ più grande, anche se non si superano quasi mai i sette anni (la tradizione vuole che si seguano i numeri dispari quindi 1, 3 o 5 anni…).

Igiene e religione

Leggere la circoncisione come atto esclusivamente religioso, nonostante la sua importanza, sarebbe un errore. Famiglia, marito e amici mi hanno sempre spiegato che la circoncisione è anche una pratica igienica utilizzata per prevenire le infezioni. È comprensibile come il rito si sia sviluppato nell’antichità nei paesi più caldi, dove l’acqua non è abbondante e le misure preventive molto utili.

Oggi sono diverse le ricerche scientifiche che spiegano i reali benefici della circoncisione e sono sempre di più gli uomini che la scelgono anche in età adulta e non soltanto nel mondo arabo, ma la pratica resta comunque sempre molto controversa.

In Italia si ricorre alla circoncisione soltanto per esigenze mediche, quando i pediatri individuano fimosi trattabili esclusivamente per via chirurgica. La forte immigrazione dal mondo musulmano, tuttavia, ha fatto sì che anche nel nostro Paese si siano moltiplicati i centri in cui chi è di fede islamica possa far circoncidere il proprio bambino, come già fanno gli ebrei, storicamente ben più organizzati.

La circoncisione è piuttosto diffusa in Oceania così come in Brasile e negli Stati Uniti, dove è sempre più in uso far circoncidere i bambini, anche cristiani, nei primi mesi di vita. Secondo alcune ricerche, non ancora del tutto confermate, sembra che per le donne avere un partner circonciso riduca i rischi di cancro al collo dell’utero.

La circoncisione ieri e oggi

Mio marito mi racconta che un tempo in Tunisia era il barbiere a eseguire il rito della circoncisione. Questi si recava direttamente a casa della famiglia del bambino e, senza anestesia, con il semplice utilizzo delle forbici, circoncideva il piccolo che veniva fatto mettere a gambe aperte, mentre un famigliare lo teneva per non farlo muovere e gli diceva Shuf Al asfoura fouqa (“Guarda l’uccello in alto”).

Da tradizione, al primo pianto del bambino mentre veniva circonciso, si faceva rompere sulla terra un vasetto in argilla, chiamato dargia, contenente tante caramelle e frutta secca in segno di augurio, così come si era soliti far mettere al bambino i piedi nell’acqua subito dopo la circoncisione, in modo da facilitare la fuoriuscita della prima urina.

Per fortuna, le cose sono molto cambiate e mio marito, come mio figlio, hanno potuto essere operati in totale sicurezza in una struttura privata.

In Tunisia ci sono ottime cliniche private (ovviamente per chi può permetterselo) ed è il chirurgo a praticare l’intervento con l’utilizzo di un laser. Il bambino viene sottoposto a un’anestesia totale, che dura solo il tempo dell’intervento (non si superano i 20/30 minuti). L’operazione non è complicata, ma di certo non va sottovalutata. Nella maggior parte dei casi bastano pochi giorni per guarire la piccola ferita.

Circoncisione è anche sinonimo di festa
Un tipica dargia
Un dargia, che contiene caramelle e frutta secca, con le bomboniere in ceramica raffiguranti dei bimbi  in abito tradizionale

Anni fa qui in Tunisia i preparativi iniziavano anche una settimana prima. La circoncisione era un vero e proprio evento comunitario e per alcune famiglie lo è ancora oggi, in particolare nei villaggi interni.

Per celebrare l’evento i parenti venivano anche da molto lontano, si spendevano tanti soldi, al pari di un matrimonio, addirittura fino a indebitarsi.

La celebrazione poteva comprendere un grande complesso musicale, danze, carrozze, lo sgozzamento di un agnello o di una mucca in simbolo di augurio per il futuro circonciso, il rituale dell’henné su mani e piedi, la passeggiata a Sidi Mahrez (per chi abitava nella capitale) per far sorseggiare un bicchiere di acqua della fonte lì presente prima di procedere alla circoncisione, le leccornie preparate dalle donne di casa. Insomma, era una gran festa dall’alba al tramonto, un modo per far sapere a tutti che il bambino era stato circonciso.

Oggi il rito si è ridimensionato, ci sono ancora famiglie in cui si festeggia alla grande (dipende molto anche dall’attaccamento alla tradizione piuttosto che dalle possibilità economiche), ma almeno nella capitale non si sente più la necessità di spendere così tanti soldi per la circoncisione e la tendenza è quella di non esagerare. Per la maggior parte dei tunisini la circoncisione è diventato un rito molto più intimo e riservato ai famigliari più stretti. Ci si limita così a organizzare un semplice pasto in famiglia, solitamente a base di couscous con l’agnello, anche se non ci sono piatti propriamente tipici per l’occasione.

Un semplice piatto di cous cous
Un semplice piatto di couscous
I preparativi

Dopo aver avvertito i parenti, che anticipano i loro migliori auguri di felicità e benessere per il bambino, e che poi gli renderanno visita a casa facendogli un piccolo dono (solitamente qui in Tunisia una busta con del denaro), ho deciso di occuparmi personalmente e con entusiasmo dell’organizzazione, anche se si è trattato di un evento semplice e per nulla pomposo.

Djebba, abito tradizionale indossato dal bambino dopo la circoncisione
Djebba, abito tradizionale indossato dal bambino dopo la circoncisione

La preparazione della festa prevede l’acquisto di bomboniere, regali, un vestitino da far indossare al bambino dopo l’intervento, oltre a dolcetti e succhi di frutta. Noi non ci siamo fatti mancare nulla, ma il tutto nella massima sobrietà.

Ho fatto realizzare delle mini-ceramiche raffiguranti dei bimbi con chechya (un tipico copricapo) e abito tradizionale quale dono da offrire alle persone in visita al piccolo. Un simbolo molto grazioso per ricordare il giorno della sua circoncisione.

Volendo rispettare la tradizione, mi piaceva l’idea che anche nostro figlio indossasse il tipico abito da tuhur dopo l’intervento. Così, qualche settimana prima, assieme a un’amica mi sono recata al suq centrale. Qui ci sono boutiques in cui comprare gli abiti per il tuhur a tutti i prezzi. Io mi sono tenuta bassa, dovendo far indossare al piccolo l’abito solo per qualche minuto non mi sembrava il caso di spendere troppo.

Come vuole la tradizione ho acquistato una djebba (indumento tradizionale tunisino) color panna con richiami bordeaux e con camicetta e pantaloncino abbinati; le scarpette a punta tipiche tunisine, chiamate balgha, anch’esse color color panna, e la chechya rigorosamente bordeaux.

Balgha 8le scarpe) e chechya (il copricato) indossate dal bambino dopo il rito.
Balgha (le scarpe) e chechya (il copricapo) indossati dal bambino dopo il rito
Il giorno della circoncisione

Il giorno della circoncisione ero molto spaventata (e con giusta ragione credo). Alle 7:00 del mattino tutta la famiglia, compresi i miei genitori, venuti appositamente dall’Italia per assistere all’evento, ci siamo recati in clinica.

Io avevo un batticuore infernale e non vedevo l’ora che tutto finisse quanto prima. Quando arriva il giorno dell’evento non è così semplice accettarlo e ammetto di essermi detta: “Se non avessi sposato un musulmano non mi troverei qui adesso!”.

Il momento più difficile è stato forse quando ho dovuto staccarmi dal bambino e affidarlo agli infermieri, che dovevano portarlo in sala operatoria. Sentivo mio figlio piangere, ma non potevo far null’altro che aspettare. Mio marito mi teneva abbracciata e mi rassicurava. Sono stati venti, lunghissimi, minuti di attesa, in cui non ho smesso un attimo di chiedermi se stavo facendo la cosa giusta, se non fosse stata troppo affrettata la mia scelta, se il bambino non fosse troppo piccolo per essere sottoposto alla circoncisione.

Neanche il tempo di perdermi tra i miei pensieri che mio figlio era tra le mie braccia, con le lacrime agli occhi, spaventato e dolorante, ma in ottime condizioni.

Una zagharouta da parte delle donne presenti (il classico grido di gioia che fanno le donne durante i matrimoni e le feste) ha accolto l’ingresso in stanza del bambino, oltre a un dolcetto in segno di augurio.

Una volta a casa

A casa, dopo il tuhur, Adam Leandro ha dato prova di grande coraggio; qualche pianto non è mancato, ma devo dire che tutto è stato meno traumatico di come pensavo.

Un semplice pranzo con i famigliari a base di couscous, ma anche pasta al forno come da tradizione italiana, e qualche dolcetto di augurio sono bastati a festeggiare l’evento!

Il pomeriggio, mio figlio già si era ripreso, sorrideva e giocava sereno. Io ho approfittato dello stato emotivo per fargli indossare gli abiti del tuhur e scattare qualche foto ricordo. Come avevo immaginato, non è stato facile fargli tenere quegli abiti per più di cinque minuti, ma il tempo è stato sufficiente per farci qualche risata vedendolo vestito da tipico ometto tunisino.

Nei giorni a seguire i famigliari ci hanno fatto in visita a casa, a loro abbiamo offerto dei dolcetti e dei succhi fatti in casa e alla presenza dei bambini venuti a trovare il piccolo, abbiamo fatto rompere la dargia con i bon bon e la frutta secca. I bimbi si sono divertiti così a riempirsi le tasche di dolciumi!

Quanto a me, ero fiera di me stessa, per me era stata un’altra tappa, un aver condiviso ancora una volta un’esperienza della cultura di mio marito con serenità. Insieme abbiamo nuovamente trovato il giusto equilibrio nel rispetto delle tradizioni di ciascuno.

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