Guerra, gavetta e business: Jean Paul Maconi, imprenditore in Albania
Patrizia La Daga

Patrizia La Daga

Giornalista milanese, co-fondatrice di ItalianiOvunque.com. Si è sempre occupata di temi economici, sociali e culturali e ha condotto trasmissioni televisive su emittenti private. Dal 1999 risiede in Spagna, a Barcellona, dove per alcuni anni ha fondato e diretto la rivista a diffusione nazionale "Ekò", specializzata nella new economy. Nel 2012 ha creato Leultime20.it, sito dedicato ai temi letterari e culturali. Dal 2018 organizza e presenta l'evento di storytelling motivazionale Leadership Arena con grandi personaggi italiani e spagnoli. Leggere, viaggiare e fare sport sono le sue grandi passioni (dopo i suoi due figli).

Jean Paul Maconi, 38 anni, originario di Livorno, oggi è un affermato imprenditore in Albania, a Tirana, dove nel 2012 ha fondato Europe Service Group, un contact center che dà lavoro a oltre 300 operatori. La sua storia è di quelle che meravigliano (e oggi non è facile meravigliarsi di qualcosa), perché ha il sapore delle vite di un tempo, quando si costruivano imprese cominciando da zero e con una lunga gavetta.

La vita in Liberia, la guerra, la fuga

Il passato di Jean Paul Maconi è degno di un romanzo e proprio nulla, va detto, faceva presagire che il suo futuro sarebbe stato diventare un imprenditore in Albania.

Nel 1988 il padre di Maconi, ex console onorario della Liberia in Italia, trasferisce tutta la famiglia in Africa, a Monrovia, capitale liberiana, ma solo due anni dopo nel Paese scoppia la guerra civile. I genitori di Jean Paul riescono a far rientrare i quattro figli in Italia, ma non hanno altrettanta fortuna e restano bloccati in Liberia. Jean Paul e i suoi fratelli vanno a vivere dai nonni a Livorno e per ben due anni non hanno nessun contatto con il padre e la madre, tanto che la famiglia li dà per morti. Racconta Maconi:

Per un’incredibile coincidenza, dopo tanti mesi di silenzio, un radioamatore della mia città che conosceva mio nonno, sente un appello via radio proveniente dalla Liberia. Era mia madre che era riuscita ad entrare in possesso di un apparecchio radio, e che pregava chiunque fosse in ascolto di farci sapere che lei e mio padre erano vivi.

Una volta terminata la guerra, la famiglia Maconi si riunisce e, dopo un breve soggiorno italiano, torna in Liberia. Ma la serenità dura poco: nel 1996 un colpo di stato getta di nuovo il Paese africano nel caos. Le forze ribelli e quelle governative danno vita a una guerra feroce e i Maconi diventano prigionieri nella loro casa a due passi dal palazzo presidenziale, preso d’assalto. Jean Paul ricorda bene quei giorni di paura e non ne parla volentieri:

La notte era il momento peggiore. Le sparatorie e le esplosioni erano costanti. Di giorno la situazione si tranquillizzava, ma uscire e andarsene era impossibile. Avevamo un carro armato fisso davanti alla porta. Eravamo stranieri, tutti sapevano che mio padre era stato un diplomatico, per questo non ci uccidevano, ma non sapevamo quanto sarebbe durata. Mio padre aveva ospitato in casa una sessantina di persone locali, quasi tutti donne e bambini. I soldati, spesso mariti e padri delle persone a cui davamo rifugio, venivano a portarci viveri, perché le nostre riserve alimentari stavano finendo. Parlavamo con l’Italia, ma nessuno riusciva a trovare una soluzione per farci tornare a casa. Ci sono stati momenti drammatici, ho visto amici morti nel mio giardino…

imprenditore in Albania
La notizia del salvataggio della famiglia Maconi data da un’agenzia di stampa nel 1996

Basta navigare su Internet per trovare notizie di quel tempo in cui si parla della famiglia Maconi e del loro dramma. Fortunatamente, dopo una fuga rocambolesca nascosti nel doppio fondo di un camion fino a un campo base americano, i Maconi riescono a tornare in Italia. Da allora Jean Paul non ha più voluto mettere piede in Liberia.

Abbiamo dovuto ricominciare da zero, avevamo perso tutto, io anche l’anno scolastico, perciò mi sono iscritto a una scuola di recupero. Sono riuscito a diplomarmi in ragioneria, ma sono stati momenti difficili, faticavo a integrarmi e sono stato vittima di bullismo e razzismo, perché avevo vissuto tanti anni in Africa e c’era chi mi considerava “l’amico dei negri”.

La gavetta: da fattorino a manager

Una volta ottenuto il diploma, Jean Paul Maconi si mette a cercare un lavoro.

Ho cominciato a lavorare come fattorino in un’azienda e facevo e consegne in bicicletta perché era l’unico mezzo di trasporto che avevo. Non mi trattavano molto bene, ma è stata un’esperienza da cui sono uscito più forte. Poi ho trovato un impiego a tempo determinato come operatore in un call center di Omnitel, oggi Vodafone. Un’esperienza molto formativa che doveva durare pochi mesi ma che si è prolungata vari anni, fino a quando il ruolo ha cominciato ad andarmi stretto. Volevo crescere, imparare qualcosa di diverso, ma le mie richieste non venivano mai accettate, così ho deciso di sfidare la mia timidezza e nelle ore libere ho cominciato a lavorare come venditore porta a porta per un’agenzia del gruppo. 

In breve Jean Paul Maconi diventa team leader e coordina il lavoro di una squadra di quindici persone. Le sue capacità non passano inosservate e la casa madre gli offre un posto da supervisore della cosiddetta “war room”, ovvero il dipartimento in cui convergono tutte le problematiche procedurali e i dati da analizzare della compagnia. Da lì a diventare imprenditore in Albania ci vorrà ancora molta strada, ma il primo passo verso una vita ricca di soddisfazioni è dato:

La sede di lavoro era a Milano e io accettai di trasferirmi. L’impatto fu durissimo. Ero il nuovo arrivato e il “nonnismo” non mancava. Dovevo dimostrare di valere in tutti i modi, così entravo alle otto del mattino e uscivo a mezzanotte. Un’esperienza intensissima, in cui ho acquisito un grande know how e mi sono fatto una reputazione importante. Dopo tre anni, infatti, mi è stato offerto il ruolo di project manager dei sistemi per l’attività di teleselling. Il mio obiettivo era implementare i sistemi Vodafone nelle società partner in Italia e all’estero.

La scelta di diventare imprenditore in Albania

È grazie a questo nuovo incarico che nel 2010 Jean Paul Maconi mette piede per la prima volta in Albania, dove conosce importanti imprenditori del settore. Il Paese gli piace immediatamente:

Mi avevano detto che l’Albania era pericolosa, avevo una mappa per muovermi solo in zone sicure di Tirana, ma io ho trovato una realtà diversa. La prima sera sono uscito dall’albergo e ho vagato per il quartiere chiedendo indicazioni in italiano, che è una lingua che tutti parlano perfettamente, visto che si studia a scuola. Ho visto una città in pieno sviluppo e belle imprese, tanto che quando sono rientrato nessuno credeva ai miei racconti. I miei viaggi si sono ripetuti fino a quando sono diventato io stesso un imprenditore in Albania.

imprenditore in Albania

Nel 2012 Jean Paul Maconi decide che è tempo di mettersi in proprio e, pur rimanendo consulente esterno per Vodafone, si trasferisce a Tirana dove fonda Europe Service Group, il suo contact center. Un mondo quello dei servizi telefonici che conosce alla perfezione e nel quale si trova a suo agio, nonostante il settore negli ultimi anni sia stato oggetto di polemiche, che Maconi conosce bene.

Inizialmente i call center occupavano gli studenti che si dovevano mantenere, oggi è una professione vera e propria, che richiede preparazione. Però qui in Albania i nostri operatori lavorano con soddisfazione, i loro stipendi si aggirano sui mille euro, mentre un qualunque impiego statale non viene pagato più di 500 euro. Noi offriamo formazione e processi che in Italia possono essere scontati, ma qui no. Il rapporto con i nostri dipendenti è duraturo.

imprenditore in Albania
Una vista di Tirana
I pro e i contro di fare impresa a Tirana

La lunga esperienza come imprenditore in Albania permette a Jean Paul Maconi di indicare chiaramente i pro e i contro del vivere e lavorare a Tirana. Un bilancio che riassume così:

Tirana è una città moderna, tecnologica e in continua crescita. I cantieri sono ovunque, ci sono ristoranti e locali di ogni tipo sempre affollati, e si vedono molte più auto di lusso qui che a Milano. Il fatto che tutti parlino la nostra lingua è un vantaggio. Però va detto che in Albania molti si improvvisano imprenditori, spesso approfittando dei vuoti normativi che qui ancora esistono, perciò fare business in modo serio non è facile. Anche la mentalità va capita per riuscire a lavorare. Un imprenditore in Albania deve sapere che spesso qui vale di più una stretta di mano che un accordo scritto, che i ritmi della gente locale non sono quelli italiani e che spesso gli stranieri sono visti come i “ricchi” da spremere. Ma a questo ero già abituato, perché in Africa era lo stesso…

ALTRI ARTICOLI