La prima volta che sono venuta in Germania era l’agosto del 2014. Mia sorella e il suo compagno vivevano qui da un anno e avevano aperto un ristorante, ed io volevo approfittare dell’occasione per capire un po’ meglio questa nazione e questo popolo.
Da brava ex agente di viaggio, e ora scrittrice ( il mio blog si chiama Io scrivo) , la curiosità è sempre stata la molla che mi ha spinta a muovermi e indagare e, considerando che la Germania era l’ultimo luogo da visitare nella mia lista dei desideri, mi sono detta “perché no, così la elimino subito e non ci penso più”.
C’è da dire che mia sorella si era trasferita in Baviera, in un borgo sperduto in mezzo alla campagna, quindi la prima impressione che ho avuto, arrivando, non ha fatto che confermare i miei sospetti: io e la Germania non ci saremmo mai amati. Ma, accidenti alla curiosità, solo un mese non mi è bastato, e non mi è certo bastata una sola regione. Sarà per questo, sarà per la crisi ormai inaffrontabile in Italia, sarà per le opportunità di lavoro che qui non mancano, nel febbraio del 2015 sono espatriata anche io.
La mia esperienza con la cucina italiana (abbiamo avuto un ristorante di famiglia per circa trenta anni), ha fatto sì che potessi muovermi facilmente nell’ambito della ristorazione italiana. Sono stata sulle Alpi bavaresi dove ho vissuto un’esperienza da dimenticare, poi a Stoccarda, a Dusseldorf e, infine, sulle rive del Danubio, vicino Passau.
Il problema principale in Germania è il tedesco. No, non è una barzelletta. Certo l’inglese è molto parlato (non così tanto come si vocifera) ma, se si vuol trovare un’opportunità lavorativa di livello superiore, bisogna conoscere la madre lingua e lavorare per aziende tedesche. Lavorare per italiani espatriati anni o generazioni fa non porta certo all’integrazione, né tanto meno a una crescita professionale.
Germania, Passau, il bello della Baviera
Ma questa è una presentazione, quindi ci sarà tempo per parlare di miti e favole sulla situazione sociale in Germania. Voglio raccontarvi qualcosa di Passau (Passavia in italiano). Perché, dopo aver girovagato in lungo e in largo, ho finalmente trovato un luogo che mi calza bene.
Credo che ogni luogo, nel mondo, abbia un fascino intrinseco, una storia da raccontare, un’esperienza da regalare. Non è detto però che faccia per noi, non è detto che “ci calzi” e che ci si stia comodo. Ecco, per me la Germania era come un paio di collant troppo piccoli. Provate un po’ a camminarci!
Io sono una scrittrice, prima di tutto, e ho bisogno di stimoli visivi, uditivi, olfattivi per poter creare storie. Mettiamola così: stimoli uditivi, niente, non capivo cosa dicessero; stimoli olfattivi, lasciamo perdere, non si sente neppure il profumo dei fiori.
Passau mi ha stimolato la vista e mi ha allargato il cuore. Una cittadina di circa 60.000 abitanti, con un centro storico denso e intatto, stretto fra tre fiumi che, al suo apice, si incontrano dando forza al grande Danubio.
Ci vado spesso nel parco dei tre fiumi (Danubio, Inn e Ilz), mi siedo su una panchina, e guardo questa enorme massa d’acqua che spinge per mescolarsi, assumendo colori sempre nuovi. Poi mi perdo tra i mille vicoli stretti, con le case addossate le une alle altre come per sorreggersi, i portoni antichi e corrosi dai miasmi salmastri (sì, anche se non c’è il mare…) dell’acqua ferma sotto le banchine, le botteghe degli artisti che dipingono mondi tutti loro, i negozi con le insegne di un tempo, per non guastare l’architettura medievale ancora integra.
Poi capita, magari, di ritrovarsi dalle parti del Duomo, di mattina, e di sentire le note poderose di un organo a canne. Vale quasi la pena visitare Passau solo per questo: il più grande organo a canne d’Europa all’interno di una chiesa si trova proprio qui, ed è straordinariamente bello. Ogni giorno, alle 11, si tiene un concerto di un’ora. Ogni giorno.
A Passau riesco a fermare il tempo, a lasciarlo scorrere come l’acqua pigra dei fiumi, a prendermi quei momenti di solitudine che mi servono per ricomporre il puzzle della mia vita. Non sarà mai Roma, non sarà mai la mia Italia che, nonostante tutto, amo visceralmente, ma un pezzetto del mio cuore se l’è preso.