Vivere all’estero significa apprezzare di più gli incontri con altri italiani con cui condividere esperienze e opinioni. Se poi l’incontro in questione è con un eccellente chef italiano, approdato da pochi mesi in un ristorante di Ginevra, la cosa si fa ancora più interessante.
È così che la scorsa primavera, esasperata dall’ennesima giornata grigia e piovosa e dalle temperature autunnali, decido di accettare l’invito a cena a casa di amici di amici, dove un italiano da poco in città, per presentarsi, ha pensato di cucinare per tutti.
Il nuovo arrivato si chiama Carlo Caciottolo, ha trentatré anni ed è chef di professione da quasi un ventennio. La sua storia mi piace immediatamente ed è per questo che decido di condividerla.
La passione per la cucina di uno chef italiano comincia da bambini
Carlo (Carletto per gli amici) è originario di Eboli (la battuta “Cristo si é fermato a Eboli per mangiare da te” pare gli sia stata fatta molteplici volte, so che ci avete pensato anche voi…) ed è arrivato a Ginevra dopo numerose esperienze e tanto, tanto, girare.
Da piccolissimo, amava guardare il padre pasticcere che preparava torte e la nonna e la mamma che stendevano la pasta fatta in casa, mentre preparavano il ragù per il pranzo della domenica. A soli 13 anni Carlo decide di seguire quella che sembra una vera vocazione e decide di trascorrere le sue vacanze estive a Londra. La gavetta è dura, chili e chili di patate da pelare, eppure non gli fa cambiare idea. Cucinare sarà il lavoro della sua vita.
Dopo quella vacanza dal gusto british Carlo Caciottolo si iscrive all’istituto alberghiero di Paestum, che frequenta con grande profitto. Terminati gli studi con ottimi voti, nel 2001, si iscrive alla Federazione Italiana Cuochi (Fic).
Nonostante la grande passione, lo chef italiano non nasconde che lavorare nella cucina di un ristorante sia un’attività pesante sia dal punto di vista fisico che mentale:
“Lo chef – fa notare Carlo – non può fare nottate brave e poi maneggiare il giorno dopo coltelli o avere a che fare con i dosaggi delle pietanze. Il nostro è un lavoro che richiede concentrazione, resistenza fisica e molti sacrifici”.
Caciottolo sottolinea anche l’importanza dell’aggiornamento costante. Per ottenere una formazione a 360 gradi, negli anni Carlo frequenta svariati corsi, tra i quali gli piace ricordare quelli di cucina creativa e cucina medievale, ma anche quelli dedicati all’arte del cioccolato, alle torte monumentali, alla panificazione, manutenzione e cottura sottovuoto.
Nello stesso tempo lo chef italiano partecipa a molti concorsi, anche di carattere internazionale, come quello dei mondiali Culinary World Cup Luxemburg 2010 che lo vedono medaglia di bronzo con la riproduzione della testa di un cavallo realizzata interamente in margarina.
Il lavoro di uno chef italiano in giro per il mondo non è tutto riflettori come in TV
“I concorsi mi hanno sempre dato la carica, non solo per esplorare nuovi orizzonti ma anche per portare a casa un risultato che rendesse i miei cari orgogliosi e questo mi ripagava di tutto lo stress e di tutte le fatiche. Il mio è un lavoro che richiede tanto tempo e i vari programmi televisivi non mostrano al 100% cosa accade davvero dietro le quinte di una cucina. Il sogno di diventare chef, cuoco, pasticciere lo devi rincorrere al prezzo di penalizzare la tua vita privata. La soddisfazione è vedere che la tua passione viene ripagata da chi gusta i tuoi piatti. Se ciò che si è preparato piace, i piatti arrivano vuoti in cucina e i clienti tornano a trovarti, perché attraverso il tuo lavoro gli hai venduto una piccola dose di felicità.”
Da Eboli, Carlo inizia le varie “stagioni”, come si dice in gergo, in giro per l’Italia: Campania, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lombardia, Trentino, Sardegna, fino a spingersi oltre confine, a Mosca, all’Osteria numero 1, dove però a causa del clima gelido riesce a resistere solo tre mesi per poi volare al caldo, alle isole Cayman. Qui lo troviamo al ristorante Prima del Royal Palms Beach e all’Agua restaurant and lounge.
Due esperienze a suo dire “incredibili”, che l’hanno proiettato sempre di più verso un ambiente internazionale, permettendogli di confrontarsi con colleghi provenienti da tutto il mondo e scoprendo le “variazioni sul tema” che i cuochi stranieri applicano alle nostre ricette più tradizionali. Dalla scoperta della pasta Alfredo (molto popolare ed amata dagli americani) alla pizza Hawaii (prosciutto, pomodoro e ananas).
Dopo due anni di isole, lo chef italiano decide di tornare in Europa, soprattutto per avvicinarsi alla famiglia e agli affetti rimasti ad Eboli. Spinto dalla curiosità per la Svizzera e dalle storie di colleghi che già lavoravano sul territorio da diversi anni, nel febbraio 2016 decide di rimettersi in discussione e, dopo aver visitato Lugano, decide di spostarsi nella Svizzera francese tra Losanna e Ginevra. Dopo svariati colloqui di lavoro e di consegna di Cv «porta a porta», Carlo, che è un ragazzo “vecchio stampo” e preferisce l’empatia e il vis à vis al posto dell’invio online, viene finalmente assunto da “Luigia”, un ristorante italiano molto rinomato in città. A Ginevra Carlo pare aver trovato il giusto mix tra il freddo e caldo e per ora si dice soddisfatto dei nuovi amici che ha trovato. s
Il bagno nel lago ancora non l’ha fatto, apprezza molto le lunghe passeggiate che può fare nel tragitto per andare al lavoro, ma una cosa è certa, anche qui ha trovato la pizza Hawaii e la pasta Alfredo, come la carbonara amalgamata con la panna (“qui ci vorrebbe l’emoticon del cellulare con la scimmietta che si copre gli occhi le orecchie e la bocca” dichiara Carletto e mi fa sorridere…).
Grazie Carlo, è sempre bello ritrovare un po’ del nostro made in Italy attraverso i piatti degli chef italiani “giramondo” come te.