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Moglie di un diplomatico: “Il mio ruolo è la stabilità familiare”
Patrizia La Daga

Patrizia La Daga

Giornalista milanese, co-fondatrice di ItalianiOvunque.com. Si è sempre occupata di temi economici, sociali e culturali e ha condotto trasmissioni televisive su emittenti private. Dal 1999 risiede in Spagna, a Barcellona, dove per alcuni anni ha fondato e diretto la rivista a diffusione nazionale "Ekò", specializzata nella new economy. Nel 2012 ha creato Leultime20.it, sito dedicato ai temi letterari e culturali. Dal 2018 organizza e presenta l'evento di storytelling motivazionale Leadership Arena con grandi personaggi italiani e spagnoli. Leggere, viaggiare e fare sport sono le sue grandi passioni (dopo i suoi due figli).

Vi siete mai chiesti come vive la moglie di un diplomatico? E la sua famiglia? Se state pensando a un susseguirsi di feste esclusive, viaggi esotici e lussuose dimore, siete fuori strada.

Nell’immaginario collettivo i diplomatici e le loro famiglie conducono un’esistenza dorata e godono di mille privilegi, ma la realtà, in genere, è molto meno suggestiva.

Per saperne di più ho incontrato Gloria Battaglia, milanese di nascita e romana di adozione, moglie dell’attuale Console Generale d’Italia a Barcellona, che ha accettato di farsi intervistare a patto di pubblicare immagini discrete, in cui sia poco riconoscibile. Riservata per natura, la signora Battaglia protegge in tutti i modi la privacy della sua famiglia e giustifica così la sua decisione:

Un console è un personaggio pubblico già abbastanza sovraesposto. Io preferisco non apparire.

Vita da moglie di un diplomatico: in India senza latte né pannolini per la neonata

Battaglia mi riceve in un signorile appartamento di un quartiere residenziale della capitale catalana. La chiacchierata è piacevole quanto interessante, anche perché la moglie del console è un avvocato e la sua oratoria non è mai banale. Le esperienze vissute a partire dalla prima missione diplomatica di suo marito in India, nel 1998, fanno di questa donna minuta ma di carattere una dispensatrice di saggezza. E, come no?, di diplomazia.

La vita della moglie di un diplomatico non è tanto diversa da quella delle mogli di altri espatriati con mobilità elevata, come i manager delle multinazionali. Il nostro primo ruolo è quello di dare stabilità alla famiglia. Ricordo sempre le parole di un capo di mio marito, uomo di grande esperienza, che alla vigilia del matrimonio mi disse che se mi sposavo per i viaggi, i cocktail e la vita avventurosa era meglio lasciar perdere. Il lavoro diplomatico è logorante per la coppia e per la famiglia e il ruolo della moglie è garantire gli equilibri familiari. Cosa non sempre facile.

Di certo non deve essere stato semplice per una giovane moglie vedere il marito partire per Nuova Delhi e non poterlo raggiungere perché incinta della loro prima figlia.

Mio marito tornò per il parto e qualche mese più tardi, quando la bambina aveva terminato tutte le vaccinazioni necessarie, lo raggiunsi in India. Fu un’esperienza difficile, specie per una mamma inesperta come me. Le condizioni di vita a Nuova Delhi allora erano molto diverse da quelle attuali e non si trovava nulla, nemmeno il latte uht. Per riuscire a comprarlo dovevo andare al Commissary dell’ambasciata canadese e per trovare i pannolini mi toccavano quaranta minuti d’auto in mezzo al traffico folle della città. Io giravo sempre sola, oggi credo sia impensabile, viste le recenti notizie sulle aggressioni alle donne.

Tempio Gurdwara Bangla Sahib a Nuova Delhi
Tempio Gurdwara Bangla Sahib a Nuova Delhi

Alle difficoltà di crescere una neonata in un ambiente complesso dal punto igienico-sanitario, si sommano anche quelle climatiche. Il caldo soffocante, unito al tasso di umidità insopportabile, che la città indiana raggiunge tra maggio e ottobre, obbliga la giovane Gloria a tornare spesso in Italia perché la sua bambina, forse proprio a causa delle alte temperature, mangia poco e non cresce quanto dovrebbe.

L’India è una nazione che mi ha reso la vita difficile, ma che mi ha comunque affascinato. È un Paese da cui non si può scappare nel senso che ogni giorno ti obbliga a convivere con la sua storia e la sua filosofia. Noi, per esempio, vivevamo in una zona residenziale controllata, i mendicanti non potevano entrare, ma le mucche, animali sacri, sì. In sintesi, in India ho vissuto molti dei disagi della giovane mamma senza poter approfittare delle opportunità che a volte comporta essere la moglie di un diplomatico. Un esempio? Mio marito fu ricevuto in udienza privata dal Dalai Lama e io non potei essere presente.

Vita da moglie di un diplomatico: dalla spiritualità dell’India alla distaccata Svizzera

Terminata la missione indiana, nel 2001, la famiglia si trasferisce a Berna, in Svizzera. E il passaggio, nonostante il miglioramento nelle condizioni di vita, non è del tutto indolore.

I primi tempi a Berna sono stati abbastanza traumatici. La città è piccola, con una mentalità piuttosto chiusa e i diplomatici, come in genere tutti gli stranieri, non sono i benvenuti… D’altro canto Berna per i bambini è un immenso parco giochi nel verde, ma resta una cittadina. In questo caso è stato molto utile avere un minimo di entourage diplomatico, come il Gad, l’Associazione che accoglie i partner dei diplomatici, proponendo visite, incontri ed eventi molto interessanti.

Come previsto dai regolamenti ministeriali dopo due missioni all’estero per i diplomatici è previsto il rientro a Roma. È qui che Gloria Battaglia dà alla luce i suoi gemelli ed è sempre nella capitale che torna ad esercitare per qualche tempo la sua attività professionale.

Non esiste un divieto di legge che imponga alla moglie di un diplomatico di non lavorare quando è all’estero, ma in genere ci si affida al buon senso per evitare conflitti di interesse o situazioni che possano mettere in imbarazzo l’amministrazione. Tutto dipende dal tipo di professione del coniuge e dalla prudente valutazione dei singoli.

Parigi e Barcellona. Due grandi città con anime diverse

Nel 2009 è la volta di un nuovo trasloco con destinazione Parigi. Nella capitale francese la prima difficoltà da superare è trovare un appartamento da affittare.

La ricerca di un alloggio a Parigi, che per i diplomatici è una scelta autonoma e non assistita da agenzie di relocation, come invece spesso accade per i manager delle multinazionali, avviene nel pieno della crisi finanziaria, che tuttavia ancora non si era trasformata in crisi economica internazionale.

A quell’epoca il mercato immobiliare era ancora molto dinamico, gli appartamenti interessanti potevano restare in pubblicità anche un solo giorno ed essere subito affittati a prezzi inaccessibili, almeno per noi. Trovarne uno è stata una vera odissea. Quattro anni dopo, con l’economia allo sfascio, i cartelli “affittasi” erano appesi ovunque e gli appartamenti restavano in pubblicità a lungo.

Dell’esperienza parigina Gloria Battaglia ricorda con piacere lo spirito di iniziativa delle donne della comunità italiana, unite nell’associazione Dire (Donne Italiane Rete Estera), con le quali ha condiviso diverse iniziative culturali. Un po’ meno entusiasmante, invece, è stata la relazione con i parigini:

Il mio approccio nei confronti di una nuova cultura è sempre rispettoso, in quanto straniera ritengo di essere tenuta a capire e a rispettare la mentalità locale e sono convinta che si impari da tutte le esperienze, anche da quelle negative. A Parigi mi sono resa conto che il cittadino medio è stressatissimo e si comporta spesso in modo aggressivo e arrogante per un nonnulla. Ho sempre cercato di non provocare queste reazioni, ma quando sono stata gratuitamente aggredita ho reagito e questo ha causato stupore.

moglie di un diplomatico
La sede del Consolato Generale d’Italia a Barcellona

Nel 2013 al marito di Gloria Battaglia viene assegnato l’incarico di Console Generale d’Italia a Barcellona e la famiglia si trasferisce nella capitale catalana. Una città sicuramente più accogliente dal punto di vista climatico e delle relazioni sociali, ma nella quale la moglie del diplomatico si trova per la prima volta ad affrontare l’ostacolo della lingua:

Con l’inglese e il francese, le lingue che avevo usato in India, in Svizzera e a Parigi, non avevo avuto problemi perché le parlavo già, ma a Barcellona mi sono trovata ad affrontare lo spagnolo, che non conoscevo. Così ho deciso di studiare e, proprio come i miei figli, sono andata a scuola tutte le mattine per un anno e mezzo.

La missione della moglie di un diplomatico è dare stabilità emotiva alla famiglia

Nel 2017, con l’arrivo di un nuovo console, si chiuderà l’esperienza catalana di questa donna tenace, che ha scelto di rappresentare un punto fermo in tanto nomadismo familiare, anche a costo di rinunce e sacrifici, un prezzo che però ammette di pagare volentieri come tanti altri coniugi di diplomatici, ma anche di imprenditori o manager obbligati a cambiare spesso città e nazione.

Oggi non è facile per nessuno rinunciare alla completa affermazione professionale, ma se si sceglie di essere la moglie di un diplomatico, come nel mio caso, è fondamentale essere una “roccia”, capace di dare stabilità emotiva a tutta la famiglia. Questo stile di vita non ammette vie di mezzo: o genera famiglie unitissime in cui le difficoltà si superano insieme, oppure portano alla rottura. Conosco tante coppie che non hanno resistito…

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