I brasiliani, secondo lo stereotipo più diffuso in Italia, si caratterizzano per due qualità fondamentali: bellezza tropicale e simpatia contagiosa. Ebbene, con mio grande stupore e non poca delusione, ho scoperto che non è affatto così.
Innanzitutto, il mito della straordinaria bellezza delle brasiliane, per me è assolutamente falso: indubbiamente ci sono donne bellissime, del resto molte modelle di fama internazionale vengono da questa terra, ma a mio avviso le donne italiane, sono molto più belle, eleganti e curate, e per fortuna con meno botox.
In Brasile le donne meno abbienti hanno abitudini alimentari cattive e tendono a ingrassare molto fin da giovani e inoltre si curano pochissimo. La famosa depilazione brasiliana è per poche, le altre sono “al naturale”, a volte si tingono i peli di biondo, il che li fa risaltare ancora di più sulla carnagione scura.
Le donne delle classi più abbienti, invece, si curano in maniera ossessiva, con ore e ore di palestra, sessioni estenuanti di parrucchiere, dermatologo e chirurgo plastico, risultando come bambole di gomma, tutte abbastanza simili. Le differenze tra queste due classi di donne sono così evidenti da provare una volta in più il fatto che il Brasile è una terra di contrasti nettissimi, come avevo raccontato nel mio primo post di presentazione.
Ma la cosa davvero grave per me che vivo qui è un’altra: i brasiliani non sono affatto il popolo caldo e accogliente che ci si aspetta… Senz’altro sono simpatici, ma sono estremamente chiusi. È stato molto difficile rassegnarmi al fatto che i miei unici amici in Brasile sarebbero stati altri stranieri, soprattutto perché parlo perfettamente la lingua e pensavo che questo bastasse per integrarmi con la cultura locale. Invece no. Soprattutto a Rio, perché San Paolo è una città meno turistica (anzi, affatto turistica) e molto cosmopolita, e gli stranieri non sono visti come polli da spennare.
I brasiliani, l’amicizia e la puntualità
La mia opinione, condivisa con tantissimi altri expat, è che, mentre è facilissimo fare due chiacchiere con i brasiliani, è poi praticamente impossibile fare amicizia con loro.
Il primo ostacolo, a mio avviso, è culturale: se è vero che le mentalità latine a grandi linee si assomigliano, è altrettanto vero che è molto difficile capire che cosa passa per la testa di un Carioca (abitante di Rio) che di sabato pomeriggio ti incontra e ti invita a casa sua per la domenica, ma non ti dà l’indirizzo, e il giorno dopo non si fa sentire e non risponde se lo chiami tu… Ci sono addirittura delle pubblicità di una marca di birra di Rio che scherzano sul “finto” invito.
Prendere un appuntamento a Rio poi, che sia di piacere o di lavoro, è una mission impossible: fissi alle 15:00 e non devi aspettarti di vedere qualcuno prima delle 16:30… Ma allora perché non fissare alle 16:30? Perché? Solo a San Paolo e nel sud le persone sono puntualissime.
Inoltre, sembra che la curiosità dei brasiliani di conoscere nuove persone sia limitata a una brevissima conversazione: ci chiacchieri dal parrucchiere o al corso di nuoto dei bimbi, magari fanno pure dei programmi con te (potremmo portare i bimbi allo zoo insieme sabato, e dopo andare a mangiare una pizza…) e poi, finita la piega o la lezione, vanno via senza darti né chiederti il numero di telefono. All’inizio ci rimanevo male: sono una persona socievole e non ho mai avuto esperienze così prima, ho passato parecchio tempo a chiedermi che cosa facessi di sbagliato, ma poi ho capito che non dipendeva da me, è che loro fanno così con tutti. Purtroppo, mi sono convinta che non abbiano alcun interesse a fare nuove amicizie: hanno i loro amici di sempre, passano tantissimo tempo con le famiglie di origine, non amano invitare gente a casa.
Le cinque “caste” dei brasiliani
Il secondo ostacolo è sociale: le differenze economiche tra le persone in Brasile, si sa, sono gigantesche e i brasiliani sono molto classisti e gerarchici. Ho l’impressione che siano proprio loro ad alimentare questo sistema che definirei di “caste”. Nella mia osservazione, dal mio angolo di mondo, ho identificato 5 “caste”, che, purtroppo, si distinguono puramente in base alla disponibilità economica.
La prima, alla base inferiore della piramide sociale, ci sono senzatetto, persone a reddito zero che vivono in baracche sotto i ponti, e ovviamente sono ai margini della società.
Ci sono le “persone con basso potere di acquisto”, che vivono con il salario minimo o poco più, ovvero un reddito netto di circa 250-400 euro al mese. Queste persone abitano nelle comunidades, che è il nome politicamente corretto delle favelas. Non potrebbero pagare un affitto altrove e non hanno alcuna speranza di poter un giorno comprare casa (anche se magari potrebbero farlo, ma non è nelle loro corde il pianificare un futuro a lungo termine, in genere preferiscono vivere alla giornata).
Anche qui le differenti mentalità sono ben visibili. Ci sono quelli più irresponsabili spesso non lavorano affatto e aspettano l’assegno di disoccupazione, che spendono in birre, mentre tanti altri lavorano sodo e sperano che i loro figli possano avere una vita migliore, perciò spendono tutto quello che hanno per mantenerli e farli studiare. E magari danno il 10% del loro salario a qualche chiesa, come quelle evangeliche o avventiste, che qui si trovano ad ogni angolo di strada e promettono miracoli in cambio di pagamenti cospicui (anche a rate).
C’è la classe media, con un buon posto di lavoro e un discreto reddito, persone che abitano in quartieri residenziali, viaggiano in Brasile e all’estero quando possono, spesso hanno un aiuto domestico e una macchina.
Per me sarebbe ovvio frequentare persone con queste caratteristiche, ma col tempo ho imparato che i brasiliani non gradiscono questo tipo di frequentazione, da un lato perché si tratta di colleghi o di persone incontrate per lavoro (in Italia non ho mai avuto problemi a frequentare persone conosciute sul lavoro, ma qui sembra molto più difficile) e dall’altro perché, come la maggior parte dei brasiliani che ho conosciuto, non sembrano mai propensi ad andare oltre un rapporto molto superficiale. Tutti hanno già i loro amici e non sembrano interessati a cercarne di nuovi, soprattutto se percepiscono che si stanno confrontando con qualcuno economicamente più avvantaggiato o che occupa una posizione gerarchica superiore.
Ci sono i ricchi, che qui sono ricchissimi e spesso sono ricchi perché hanno ereditato delle vere e proprie fortune. Di solito hanno villa al mare, barca, fazenda (casa di campagna con campi coltivati e allevamento di animali), spesso hanno un elicottero o un aereo privato, o comunque lo affittano con frequenza settimanale per andare fuori città nel weekend, mentre a casa (tipicamente una villa con piscina) hanno autista, un paio di domestiche e tate, una cuoca. Io non ho occasioni di frequentare “ricchissimi” dato che non sono membro di nessun club e soprattutto perché le mogli di solito non lavorano (io sì!) e abbiamo ritmi e argomenti di conversazione molto diversi.
Gli expat, una realtà a se stante
E poi ci sono gli expat, che fanno casta a sé, perché normalmente hanno un buon reddito, ma chiaramente non sono assimilabili ai ricchissimi, godono di privilegi che la classe media locale spesso non ha, come una casa grande, una macchina blindata e viaggi internazionali spesati e spesso occupano posizioni di alto livello nelle aziende che li hanno espatriati.
Le 5 “caste” si mescolano pochissimo, per lo meno nella mia esperienza personale.
I ricchissimi escono di casa accompagnati dall’autista per cenare in ottimi ristoranti dentro i lussuosi centri commerciali o al club: una cena per due con una bottiglia di vino costa almeno come metà di un salario minimo: va da sé che gli unici contatti che hanno con la “casta” inferiore sono quelli coi loro impiegati e domestici.
La classe media esce spesso, ma va a cena in botecos (bar) o trattorie dove spende molto meno, oppure si limita a uscire a bere qualcosa.
Chi guadagna il salario minimo vive in un universo parallelo, alcuni mangiano sempre fuori casa, ma in favela, magari un churrasco de gato (niente paura, non è grigliata di gatto, ma solo una grigliata fatta in un angolo di strada con un barbecue improvvisato, tipo mattoni e griglia, con salsicce o hot dog).
Foto di copertina: “Brasil, mostra tu cara” di Jônatas Cunha