Dal 19 al 28 maggio 2017 a Palazzo D’Accursio a Bologna, sarà allestita la mostra fotografica Distanze, un originale progetto sociale, a metà tra il reportage e l’arte del ritratto, che ha per protagonisti i tanti expat italiani nel mondo e le loro famiglie rimaste in Italia.
Distanze è un’iniziativa del fotografo Max Cavallari, ventottenne originario di Cremona, il cui lavoro troverà spazio all’interno del festival It.A.CÀ, dedicato al turismo responsabile.
La mostra prevede l’esposizione di 50 immagini di famiglie italiane che hanno una persona cara all’estero, ritratte in casa mentre comunicano via Skype con il familiare lontano. Uno spaccato del vivere attuale per molti genitori, nonni e parenti che oggi, grazie alla tecnologia, possono comunicare facilmente con i congiunti all’estero.
Come nasce il progetto Distanze
Laureato in giornalismo e comunicazione all’Università di Bologna, Max Cavallari con Distanze vede realizzata un’idea che coltivava da tempo, nata attraverso l’osservazione della realtà giovanile da cui era circondato:
Ho visto tantissimi amici e conoscenti andarsene dall’Italia per i motivi più diversi. Io volevo documentare questo fenomeno e ho scelto di farlo attraverso la fotografia, che è da sempre la mia passione. Inizialmente mi ero rivolto alle persone che conoscevo, ma mi sono subito reso conto che il mio era un ambito geografico troppo limitato per essere significativo. Per questo ho creato una pagina pagina Facebook e un piccolo sito Internet, che ho promosso sui social e ho chiesto agli espatriati di candidarsi compilando un formulario.
In meno di un mese Cavallari raccoglie oltre 70 richieste di partecipazione da ogni zona d’Italia e ad agosto del 2016 chiude le iscrizioni. Dopo una prima scrematura si mette in contatto con le famiglie degli expat in Italia per concordare i dettagli della visita e la realizzazione delle foto. In settembre, finalmente, parte da Torino con la sua macchian fotografica per incontrare tutti i protagonisti.
Per potermi permettere il tour ho avviato una campagna di crowdfunding che mi ha permesso di raccogliere 1.700 euro. Ho realizzato i 50 ritratti in un mese, percorrendo tappe da 60-100 chilometri al giorno. Le famiglie mi hanno accolto con grande disponibilità e soltanto una volta ho ricevuto un rifiuto da alcuni parenti che non si fidavano a lasciarmi entrare in casa. Cosa comprensibilissima.
La tecnologia che riduce le Distanze
Il progetto Distanze, oltre a offrire uno spaccato dell’Italia attuale e delle sue storie, racconta come la tecnologia abbia permesso a tanti italiani all’estero di restare in contatto con i familiari. La scelta di Skype è simbolica:
Gli italiani all’estero utilizzano tutti i social, da Facebook alle varie chat. WhatsApp è il sistema più usato per comunicare in modo rapido, ma Skype è il simbolo dell’appuntamento fisso in cui la famiglia si riunisce per parlare. È un po’ come il pranzo domenicale di una volta, solo che a distanza. Io l’ho scelto perché è quello che mi permetteva il miglior impatto visivo. Naturalmente i figli lontani che appaiono sullo schermo del computer o del tablet non erano realmente presenti nel momento dello scatto. Per molti sarebbe stato impossibile per via del fuso orario o degli impegni di lavoro. Si tratta di fotografie inserite in un secondo momento.
Anche il nome Distanze appare azzeccatissimo, visto che tutti i ritratti sono realizzati all’interno di un’abitazione e implicano una comunicazione con una persona fisicamente distante. Max Cavallari lo spiega così:
Il nome lo devo a un’amica che non ringrazierò mai abbastanza, Elisa Benedetta Marinoni, con cui ho avuto un intenso brainstorming notturno via WhatsApp.
“Distanze” e la bellezza delle storie
Il fatto di incontrare decine di famiglie con un figlio lontano, ha dato la possibilità a Max Cavallari di essere testimone di storie affascinanti e spesso curiose e di capire che l’emigrazione italiana non è fatta soltanto dai celebri “cervelli in fuga”, di cui tanto si parla, ma anche di persone di ogni classe sociale che desiderano andarsene per mettersi alla prova, per fare un’esperienza diversa, spesso senza essere veramente consapevoli di quello che troveranno in un’altra nazione.
Ho ascoltato le storie dei figli all’estero raccontate dai genitori e ho cercato di trasmettere attraverso le fotografie le sensazioni di orgoglio, speranza o nostalgia che provavano quelle persone. Spesso questi sentimenti erano mischiati tra loro.
Le esperienze di ogni espatriato italiano sono uniche e irripetibili e Max Cavallari ne cita alcune che lo hanno particolarmente colpito:
Tra le varie storie ricordo con piacere quella di una famiglia in Basilicata con una figlia musicista che vive da tre anni in Thailandia, dove suona l’arpa, la sua passione. La madre mi ha raccontato che, quando la figlia era più giovane, non avendo a disposizione i soldi per acquistare un’arpa, che può costare anche 40 mila euro, gliene costruì una lei stessa. Un’altra bella storia è quella di una famiglia di Napoli che ha regalato alla figlia sei mesi di soggiorno a Barcellona con la condizione di trovare un lavoro in quel periodo.
Anche gli italiani di seconda generazione emigrano
Mentre racconta i sogni dei tanti italiani all’estero raccolti nel progetto Distanze, chiediamo a Cavallari quali sono i suoi:
Già la realizzazione della mostra è un sogno realizzato. Vorrei però che potesse diventare un’esposizione itinerante, magari anche all’estero. E poi mi piacerebbe realizzare un libro con le immagini tratte da Distanze e testi realizzati da esperti del settore. Un altro progetto che mi piacerebbe seguire è quello dedicato agli italiani di seconda generazione. Nel mio viaggio per l’Italia ho trovato vari figli di immigrati, ragazzi nati nel nostro Paese e con passaporto italiano, che hanno deciso di andare a vivere all’estero.