Lasciare l’Italia per vivere a Mauritius è un pensiero che passa per la testa di molti italiani dopo una vacanza in questa perla dell’oceano Indiano. Io sono tra quelli che l’hanno fatto.
Originario di Lucca, diplomato alla scuola alberghiera di Montecatini, con esperienze anche nel campo del commercio di tessuti e dell’animazione, ho sempre viaggiato moltissimo e ho lavorato in Italia fino al 2009, anno in cui, a causa della crisi, sono stato “parcheggiato” in cassa integrazione.
Non mi sono perso d’animo e ho fondato un’agenzia di animazione, sfruttando lavoro e conoscenze del passato, ma allo stesso tempo ho cominciato a coltivare l’idea di trasferirmi all’estero con tutta la famiglia. Mia moglie, che al contrario di me aveva sempre lavorato in ruoli che non prevedevano viaggi, già da tempo sognava di lasciare Prato, la città in cui risiedevamo (che purtroppo non era più prospera come un tempo), per cercare nuove opportunità lontano dall’Italia.
La crisi come motore per trasferirsi all’estero
Dopo un viaggio esplorativo in Canada, dal quale sono tornato insoddisfatto, nel 2014 sono andato a trovare un amico mauriziano che mi ha fornito informazioni e appoggio e ho cominciato a pensare seriamente di andare a vivere a Mauritius. Per farlo mi occorreva ottenere un permesso di lavoro e residenza, che il governo locale riconosce ai cittadini stranieri con un capitale minimo da investire in un progetto imprenditoriale interessante.
Nel febbraio 2015, armato di buona volontà, entusiasmo e un business plan dettagliato, sono tornato a Mauritius dove ho avuto la fortuna di conoscere Nada, un “toscanaccio mauriziano”, che ha vissuto con la sua famiglia per molti anni a Firenze e parla perfettamente l’italiano.
A Mauritius la lingua ufficiale dello stato è l’inglese, sebbene praticamente tutti parlino anche il francese e il creolo. Con Nada ho perfezionato il progetto e dopo molteplici analisi, viaggi e un primo parere positivo del governo locale alla mia proposta di aprire un parco giochi per bambini con annessa pizzeria e attività ricreative anche per i genitori, sono tornato a casa per comunicare la buona notizia alla famiglia.

Nel giro di cinque mesi abbiamo venduto tutto (ma proprio tutto) e siamo partiti. La nostra prima casa l’abbiamo affittata a Flic en Flac, sulla costa occidentale dell’isola, località turistica a una cinquantina di chilometri dalla capitale Port Luis. I bambini, che avevano dieci e quattordici anni, non smettevano di farci domande e non è stato facile inserirli in scuole internazionali per niente attrezzate per accogliere studenti stranieri con un livello di inglese non proprio buono.
Vivere a Mauritius: natura meravigliosa, ritmi (un po’ troppo) lenti
Nonostante le prime difficoltà di integrazione, l’isola è piaciuta subito a tutti. In attesa della risposta ufficiale sul mio progetto da parte dell’ufficio governativo abbiamo vissuto da turisti scoprendo luoghi incantevoli.
La natura qui è magnifica, i vari parchi nazionali, come il Black River Georges National Park, le cascate di Rochester e le splendide spiagge protette dalla barriera corallina quali Blue Bay, Flic en Flac, Mont Choisy e tante altre, sono dei veri gioielli. A Mauritius risiedono in maniera permanente circa un milione e duecentomila abitanti, ma si stima che siano almeno un milione i turisti che soggiornano sull’isola ogni anno.

Dopo il primo periodo di euforia ho cominciato a preoccuparmi perché la risposta sul progetto imprenditoriale che avevo presentato non arrivava.
C’è voluto poco a capire che il tempo su quest’isola viene considerato diversamente… Il mauriziano standard non ha fretta di dare una risposta e a volte se ne dimentica direttamente. E questo, purtroppo, succede anche negli uffici statali.
Per capire le dinamiche di questo paese bisogna pensare che fino a poco più di due generazioni fa la schiavitù era una pratica in vigore, questo significa che, da una parte, i mauriziani hanno sempre dovuto lavorare per non morire di stenti, ma dall’altra non sono proprio abituati a gestirsi una giornata intera di lavoro.
Anche le varie religioni presenti sull’isola (oltre alle festività civili), permettono di usufruire di molti giorni di vacanza durante l’anno, rallentando la produttività. La maggioranza della popolazione locale è induista, poco più del 25% cattolica, il 16% musulmana, il 2% protestante e c’è anche una piccola presenza di buddisti.
La resa e la rinascita di un sogno
La nostra attesa si era prolungata così tanto da far scadere i vari permessi di permanenza sull’isola. Per rinnovarli siamo stati costretti a partire, arrivare alla vicina isola di Réunion, territorio dello stato francese, e quindi rientrare. Soldi buttati al vento, purtroppo, ma era l’unica maniera per poter continuare a vivere a Mauritius in attesa di un segnale positivo.
I ragazzi e mia moglie Samantha, intanto, si erano iscritti a corsi di inglese e francese in modo da poter comunicare facilmente con la gente del posto. La situazione però diventava sempre più stressante, le risposte non arrivavano e io non avevo la possibilità di lavorare.

Nell’ottobre del 2015 la doccia fredda: il mio progetto era stato rifiutato per motivi davvero incomprensibili. Ho presentato un appello ma anche quello è stato respinto.
L’anno stava finendo e ormai dovevamo di nuovo uscire e rientrare tutti dall’isola per rinnovare il visto. Altri soldi buttati e tanto stress…
Alla ricerca di una rapida soluzione, abbiamo tentato anche altre vie di investimento, ma senza successo. Molte persone ci hanno offerto aiuto, tanti ci dicevano “io conosco quello e quell’altro”, ma i risultati non arrivavano perciò, non senza rabbia e frustrazione, ho cominciato a pensare di rientrare in Italia. Dovevo avere il tempo di ritrovare una casa in affitto, una scuola per i bambini e un lavoro per noi… non era un giochetto da ragazzi.
Mentre programmavo il ritorno, ci è stata offerta la possibilità di far parte di una società che gestisce tre gelaterie-caffetterie, io però ero troppo disgustato dal pressapochismo con cui eravamo stati trattati ed ero convinto che il rapporto tra me e l’isola avesse le ore contate. Mia moglie, invece, voleva continuare a vivere a Mauritius e aveva deciso di accettare la proposta.

In giugno, a pochissimi giorni dallo scadere dell’ultimo visto, Samantha ha ottenuto “miracolosamente” l’ok dalla commissione governativa e pertanto è diventata ufficialmente residente alle Mauritius. Nel frattempo, però, io ero già in Italia per organizzare il rientro. Così a mia moglie è toccato passare da sola un paio di mesi, trovare casa nel Nord, a Grand Baie, dove viviamo attualmente, e cominciare a dirigere una delle gelaterie, con tutte le complicazioni del caso. Lei non è mai stata una direttrice, una “capa”, e questo non le rendeva la vita facile, anche perché gestire il personale mauriziano è complicato, la pigrizia e la lentezza che caratterizzano i ritmi della gente locale spesso sono già irritanti per i clienti, figuriamoci per i direttori!
Mauriziani: vecchie e nuove generazioni a confronto
Va riconosciuto però che le nuove generazioni di mauriziani sono diverse, molti giovani hanno avuto l’occasione di viaggiare e formarsi anche all’estero e hanno capito che nei lavori più modesti, come in quelli di responsabilità, ci vogliono rispetto, costanza e professionalità.

Spesso, le persone anziane pensano ancora che tutti i bianchi sull’isola siano venuti per sfruttare la popolazione locale, che gli stranieri abbiano sempre tanti i soldi e per questo debbano essere “strizzati” per tirargliene fuori il più possibile. Una specie di risarcimento per quanto subito in passato dai loro avi.
Finalmente soddisfatti di vivere a Mauritius
Dopo tante traversie la situazione attuale della mia famiglia oggi è più calma e stabile. I bambini si sono integrati a scuola e io ho finalmente cominciato diverse attività sia di animazione che di promozione immobiliare. Collaboro anche con una società specializzata in consulenza per stranieri che vogliono investire qui a Mauritius al fine di dare le dritte necessarie per evitare ad altri il mio calvario.