Il Cile è un serpente di sabbia, roccia, boschi e ghiaccio lungo 6000 km, lambito dalla spuma dell’oceano Pacifico e tenuto a bada dalla cordigliera delle Ande. Molto spesso il serpente sussulta in lungo e in largo, come se avesse degli incubi. Questi movimenti convulsi non sono altro che le frequenti scosse sismiche, che provocano il panico negli stranieri di passaggio o che da poco hanno scelto di vivere in Cile, ma che per i quasi 18 milioni di cileni non sono altro che piccoli saltelli, parte integrante della giornata e della loro vita.
Sebbene qui non si parli di paesaggi mozzafiato, di culture antiche o di cucina tradizionale, i turisti arrivano da tutte le parti del mondo e si dirigono (quasi) tutti a San Pedro de Atacama o all’Isola di Pasqua, luoghi mistici, dicono.
Gli stranieri che si stabiliscono in questa strana fascia di terra lo fanno per lavoro o per amore. Alcuni, con il tempo e le vicissitudini, abbandonano l’idea di restare e prendono il largo. Altri ci rimangono, covando però un senso di ostilità represso che viene prepotentemente a galla ogni volta che ci si riunisce tra connazionali. Una pizza tra italiani che hanno deciso di vivere in Cile sfocerà sempre e comunque in una presa in giro degli usi e costumi del paese che ci ospita. Non si tratta di cattiveria, spesso è soltanto un modo facile di sentirsi più complici, più “fratelli d’Italia”.
Vivere in Cile: Santiago
Non esiste un solo Cile. C’è il Cile della capitale, Santiago, megalopoli che offre di tutto ma che pretende anche tanto.
Santiago è una città cosmopolita, che offre diversi panorami. Le più grandi aziende nazionali ed internazionali hanno il loro centro d’affari in eleganti grattacieli di acciaio e vetro che dominano sulla città. Ci sono teatri importanti, musei, esposizioni d’arte, centri culturali. Come tutte le grandi città latinoamericane, il luccichio degli sfavillanti quartieri moderni si perde appena ci si addentra nei quartieri poveri, terra di nessuno, dove le bande di delinquenti si contendono il territorio per il traffico di droga, dove di notte più che i grilli si sentono gli spari. Dove anche gli autoctoni hanno paura.
La provincia
Poi c’è la provincia, “la succursale” dello Stato. Chi sceglie di vivere in Cile lo sa bene. Il servizio sanitario scarso si rimette alla capitale, la vita culturale è moderata, ma soprattutto si vive in dipendenza da Santiago. Avere il cellulare rotto significa che per almeno 10 giorni si rimarrà senza il proprio smartphone, che sarà mandato a Santiago per la riparazione. Alla provetta di uno specifico esame del sangue accadrà lo stesso: volerà su e giù tra Santiago e provincia per essere analizzata. Lea mozzarella e altre delizie made in Italy arrivano e si fermano a Santiago!
Vivere in Cile: Antofagasta, “la perla del Nord”
Per questi e altri motivi i provinciali odiano Santiago e i santiaghini guardano i provinciali come dei bifolchi. Rivalità che io osservo dalla città di Antofagasta, la perla del nord, così la chiamano. A me piace chiamarla Antofuckgasta (passatemi il termine).
Antofagasta è una città estrema, da un lato l’oceano e dall’altro il deserto più arido del mondo, Atacama. Città mineraria per eccellenza, giace infatti su una coltre infinita di rame, grafite ed altri minerali.
Io ci sono arrivata per amore di un ingegnere minerario, ma non sapevo cosa significasse dividere il marito con la miniera. Sette giorni in casa e sette giorni in miniera. Natale, Capodanno, compleanni, anniversari dipendevano dal calendario dei turni. Ma questa è un’altra storia.
Antofagasta è la città che produce più denaro in Cile. I minerali che si estraggono qui rappresentano la maggiore fonte di ricchezza del paese. Richiama moltissima gente per l’offerta di lavoro ben retribuito, quindi ci sono anche molti stranieri che arrivano per lavorare nelle miniere o in altre aziende straniere, in qualità di ‘esperti’ Ciò ha contribuito a cambiare i connotati della città.
Le case vecchiotte sulla fascia costiera sono state rimpiazzate da modernissimi edifici dai prezzi stellari. I ristoranti nascono come funghi e si cerca di abbellire la città con parchi e aiuole. Questi ultimi rappresentano un bene prezioso per via dei costi d’irrigazione. L’acqua non si può sprecare perché costa moltissimo. Arriva dalla Cordigliera in grandi acquedotti che attraversano il deserto o da impianti che dissalano le acque del Pacifico.
Tra clima pazzo e inefficienze
Il clima di Antofagasta è un capitolo a parte. Non piove mai! In 12 anni qui ho visto la pioggia pochissime volte. Non era nemmeno pioggia, piuttosto una scrosciata d’acqua, ma quello che provoca è degno di nota: scuole, uffici, supermercati si affrettano a chiudere perché già si sa che le vie si allagheranno, i soffitti cominceranno a trasudare goccioloni, il tutto dovuto a una certa ostinazione a non usare materiali impermeabili nella costruzione. “Qui non piove mai” si continua a ripetere come giustificazione ma bastano due goccioloni per paralizzare la città!
Quasi tutto l’anno splende il sole, non si fa uso di cappotti pesanti. Addirittura mentre si cammina per strada ci si può imbattere in gente con giacca a vento e sandali o con stivali e canottiera. Insomma, dopo un po’ non ci si stupisce quasi più. Anche a Santiago capita di assistere a fenomeni climatici stranissimi. Al mattino ci si sveglia sotto una fitta coltre di nuvoloni carichi di pioggia e vento gelido, ma ciò non deve trarre in inganno perché probabilmente dalle 13 alle 17 il termometro sfiorerà i 27/29 gradi. La gente si veste “a cipolla”, cioè a strati, partendo da una sottile maglietta e finendo con una bella giacca imbottita.
Per essere d’aiuto al lettore che pensa di approdare in queste terre, nei prossimi post mi riservo di descrivere più a fondo vari aspetti, partendo dal cibo, passando per i terremoti e i costumi.