vivere a Singapore
Vivere e lavorare a Singapore: quello che dovreste sapere se sognate di trasferirvi nella ricca città asiatica
Ludovica Bianco

Ludovica Bianco

Ludovica Bianco nasce a Salerno nel 1982. Dopo la laurea in legge si trasferisce a Milano dove esercita la professione forense. Nel 2013 segue il marito a Singapore dove risiede attualmente. Mamma a tempo pieno di due vivacissimi bambini, nel tempo libero studia per diventare nutrizionista infantile e collabora con New Mother Support Group, un’associazione di volontarie che sostiene e facilita l’integrazione delle neo mamme e delle future mamme a Singapore. Sport, cibo sano ed i suoi bimbi sono le sue più grandi passioni.

Singapore, città giardino della penisola malese, è il quarto principale centro finanziario del mondo, riveste un ruolo importante nel commercio internazionale e il suo porto è tra i primi cinque per attività e traffico su scala mondiale. Con un reddito pro-capite medio di circa 50 mila euro è in assoluto tra i Paesi più ricchi al mondo. Per questi e altri motivi sono numerosi gli stranieri che hanno scelto di vivere e lavorare a Singapore.

Uscita dalla black list dei paradisi fiscali, Singapore rimane tra i Paesi a fiscalità agevolata in quanto combina un basso livello di aliquote ordinarie con un insieme di benefici e detrazioni. La città ha un tasso di criminalità praticamente inesistente e può contare su un sistema di pubblica sicurezza capillare.lavorare a singapore

Clima e cultura mettono alla prova

Benché Singapore appaia un’isola felice, ci sono alcuni aspetti che non vanno trascurati prima di decidere di trasferirsi. Il primo è il clima. Vivere e lavorare a Singapore significa innanzitutto soffrire il caldo, sempre, ogni giorno dell’anno. La città non ha temperature eccessive, si aggirano sempre intorno ai 30 gradi, ma ha un tasso di umidità fisso all’80% che talvolta rende una passeggiata all’aria aperta semplicemente un incubo.

Altro fattore da tenere presente è quello culturale. Vivere in Asia significa confrontarsi ogni giorno con una mentalità tanto lontana dalla nostra che in molti casi si trasforma in totale incomunicabilità.

Le maggiori differenze emergono sopratutto quando si parla di educazione dei figli. Per fare una esempio: i singaporiani pensano che si debba incominciare ad imparare tutto subito. Le lezioni private in ogni ambito iniziano a partire dai due anni e poi… temono il sole. Camminano con l’ombrello per proteggersi dal sole e raramente dalla la pioggia, si comprano ogni parte del corpo preservando una pelle immacolata, vanno in piscina solo dopo le cinque del pomeriggio. 

Noi italiani crediamo che i bambini imparino giocando, possibilmente con altri bambini della loro età e amiamo il sole. Risultato? È difficilissimo creare momenti sociali per i bambini: i miei figli trascorrono i loro pomeriggi correndo e sudando nei parchi cittadini o nei waterplay (enormi parchi acquatici cittadini) mentre i loro compagni di classe trascorrono pomeriggi tra una lezione di piano, una di danza e qualche volta in costosissimi parchi giochi a tema rigorosamente con aria condizionata. 

 Il costo della vita

Pulita, sicura ed efficiente, Singapore è un posto ideale per crescere i bambini o pianificare una famiglia. Tuttavia non bisogna dimenticare che molte classifiche la considerano tra le città più care al mondo. In realtà vivendoci stabilmente ci si accorge che i costi riflettono quelli delle altre capitali europee. Rispetto al vivere in Italia due voci pesano sul bilancio familiare in modo significativo l’assistenza sanitaria e l’istruzione.

L’assistenza sanitaria è all’avanguardia e molto efficiente. Gli espatriati, a differenza dei cittadini residenti, non godono di alcun supporto statale in ambito sanitario, possono scegliere tra strutture pubbliche e private ma in entrambi casi devono sopportarne le spese, talvolta decisamente alte.

Per quanto riguarda il sistema scolastico, invece, gli espatriati sono praticamente costretti a scegliere le scuole internazionali che hanno un costo medio annuo di circa 18 mila euro per bambino. Formalmente i figli dei cittadini stranieri che scelgono di vivere e lavorare a Singapore potrebbero avere accesso anche alle scuole locali, che hanno costi decisamente inferiori, ma praticamente le liste di attesa per le scuole migliori sono talmente lunghe da vanificare completamente questo diritto.

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Auto e alcolici a costi proibitivi

Possedere un’auto è, invece, decisamente un lusso da queste parti perché il possesso di una vettura è soggetta a un’imposta molto alta, motivata dalla volontà di limitare il traffico cittadino e l’inquinamento atmosferico. Per fortuna per vivere e lavorare a Singapore possedere un mezzo proprio non è così essenziale. Il trasporto pubblico infatti è capillare e puntuale e l’offerta di taxi ed auto private è tale da non far sentire affatto la mancanza di un mezzo di trasporto autonomo, al contrario, si apprezzano il traffico sempre moderato, i marciapiedi spaziosi, sgombri da auto parcheggiate e l’aria respirabile.

Anche gli alcolici sono soggetti ad alte imposte e la ragione è chiaramente quella di evitare il dilagare dell’abuso di alcol che in alcune realtà è una piaga sociale difficilmente gestibile. Se dell’auto si può fare a meno, a un buon bicchiere di vino si rinuncia più difficilmente, qualcuno quindi dovrà mettere in conto questa voce di spesa nel proprio budget.

Decisamente tranquilla e non particolarmente rinomata per la sua vita notturna, la città ha un respiro multietnico e multiculturale che la rende interessante ed attraente anche per i più giovani. Singapore è, infatti, un Paese con una lunga storia di immigrazione, cosa che ha reso la sua popolazione particolarmente variegata e aperta al diverso: i suoi circa cinque milioni di abitanti sono composti prevalentemente da cinesi, malesi, indiani e una piccola percentuale di europei ed altre popolazioni asiatiche.

Le lingue ufficiali del paese sono il mandarino, il tamil, il bahasa e naturalmente l’inglese. L’inglese è diffuso in maniera capillare tra le nuove generazioni ma non altrettanto tra le vecchie in cui c’è una diretta correlazione tra il livello di istruzione e di censo e la conoscenza dell’inglese. Le altre lingue sono appannaggio esclusivo dei diversi gruppi etnici.

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Visti e permessi per lavorare a Singapore

Sebbene il 40% della popolazione sia straniero, residente nella città-stato per lavoro o studio, scegliere di cambiare vita e lavorare a Singapore non è semplice e negli anni lo sta diventando sempre meno. A seguito di movimenti di protesta contro la proposta di aprire le porte agli stranieri per sopperire alla crisi demografica che affligge il Paese, il governo ha iniziato a rivedere la propria politica di immigrazione in senso decisamente protezionistico. Ciò ha avuto un riflesso immediato sul rilascio dei working pass: i permessi di lavoro.

Salvo che si arrivi a Singapore con un contratto di lavoro con una società estera, nel qual caso si sarà in possesso di un permesso di lavoro prima ancora di partire, uno straniero che voglia lavorare in questa città cercando lavoro “sul posto” deve tenere in considerazione l’incertezza e le tempistiche di rilascio del permesso di lavoro: non è possibile svolgere alcuna attività con il solo visto turistico.

Esistono diversi tipi di visto a seconda della retribuzione e del livello di professionalità, due dei quali sono i più diffusi: l’employment pass è pensato per professionisti in possesso di particolari qualificazioni quali una laurea presa in selezionate università, con specializzazioni particolari e con uno stipendio mensile non inferiore a $3600 al primo impiego (circa 2.200€).

Prima di poter procedere all’assunzione di un cittadino straniero che abbia le qualifiche per ottenere l’Employment pass, il datore di lavoro è tenuto a pubblicizzare la posizione offerta su una piattaforma pubblica a cui hanno accesso anche i cittadini singaporiani per almeno 14 giorni. Decorso questo termine il datore di lavoro è tenuto a valutare le candidature proposte e a giustificare la scelta di uno straniero in luogo di un cittadino di Singapore;

Un altro tipo di permesso è chiamato S Pass ed è pensato per personale tecnico qualificato che sia in possesso di diploma o laurea, che abbia almeno un anno di esperienza lavorativa e che abbia un guadagno mensile non inferiore a $2200 (1350€ circa). Può essere richiesto anche qualora il cittadino che voglia lavorare a Singapore sia in possesso di un Dependant pass, ossia di un visto di soggiorno rilasciato al consorte ed ai figli di chi risieda nel territorio dello Stato con un Employment Pass.

Il processo di rilascio di questi visti è sempre attivato dal datore di lavoro che di norma si affida ad un’agenzia locale che si occupa degli incartamenti.

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Il rilascio del visto è invece a discrezione dell’organo designato, Ministry of Manpower, il Ministero del lavoro. Non esistono infatti criteri di eleggibilità fissi ma la valutazione delle qualificazioni personali è sempre soggetta all’esame del Ministero.

Per lavorare a Singapore esistono poi altri due tipi di visto che possono essere richiesti direttamente dal candidato senza la mediazione del datore di lavoro: il Personal Employment Pass, pensato per professionisti che risiedano ancora all’estero con un entrata fissa mensile superiore a $18.000 (circa 11 mila euro) oppure per possessori di un Employment Pass che guadagnino almeno $12.000 mensili (7.400€ circa). E, infine, l’Entrepass, pensato per imprenditori stranieri che intendano iniziare e svolgere un nuovo business a Singapore. I criteri di eleggibilità per ottenere questo visto sono numerosi e complessi ed è consigliabile consultare il sito del ministero del lavoro che offre una panoramica molto accurata.

La ricerca del lavoro per posizioni meno qualificate passa innanzitutto attraverso diverse piattaforme online che fanno da aggregatori per le varie aziende (mycareer.com è una di queste). Le offerte qui pubblicizzate, però, sono spesso riservate ai cittadini singaporiani o ai permanent resident, come vengono definiti gli stranieri naturalizzati e per le posizioni che richiedano un contatto con il pubblico è spesso richiesto un livello di mandarino fluente.

I ruoli manageriali e quelli più qualificati difficilmente passano attraverso questi canali ma la ricerca è affidata quasi esclusivamente ad headhunter internazionali. Per la ricerca del lavoro anche da questa parte del mondo poi LinkedIn occupa un ruolo di primo piano.

Competitività, meritocrazia ma meno tutele per i lavoratori

Il mondo del lavoro è fluido e meritocratico e tende a valorizzare le eccellenze assicurando retribuzioni adeguate al livello di preparazione e di esperienza dei candidati ma è un mondo molto, molto competitivo, che va veloce ed è concentrato sulla produttività delle aziende: scarsa attenzione è riservata all’aspetto sociale dell’impiego.

Esistono anche qui dei contratti generali di lavoro diversi per le diverse categorie di impiegati, tuttavia la disciplina è minima ed è decisamente meno tutelante per il lavoratore di quanto non siamo abituati a vedere in Italia. Per esempio, la disciplina del contratto di lavoro di impiegati nel settore dei servizi prevede turni di lavoro di norma di nove ore che possono arrivare ad essere di 12 ore senza retribuzione straordinaria, si ha diritto ad un solo giorno di riposo a settimana (non retribuito), mentre i giorni di ferie non sono neppure contemplati perché sono lasciati alla negoziazione delle parti.

Questa disciplina di base è applicabile esclusivamente ad impiegati che abbiano uno stipendio base non superiore ai $2500 (circa 1500€). Lavorare a Singapore con ruoli dirigenziali o  impiegatizi ma con stipendio base più alto, implica che la disciplina del rapporto di lavoro è completamente lasciata alla libera negoziazione tra le parti.

Per chiunque sia stanco della vecchia Europa questo piccolo paradiso tropicale è senz’altro una valida alternativa da prendere in considerazione, tuttavia partire senza una valida offerta di lavoro in mano potrebbe non rivelarsi una buona idea.

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