Nel 2012, quando aveva solo 23 anni, Caterina Falleni, designer livornese pluripremiata, speaker in conferenze internazionali, ha conosciuto gli onori della ribalta grazie al progetto Freeijis, un frigorifero che funziona senza corrente, che le è valso una borsa di studio per il Singularity University Program della Nasa, in California. Un’esperienza riservata a pochi eletti che ha portato il nome della giovane designer sui media internazionali e ha fatto da trampolino di lancio per una brillante carriera, costellata di cambiamenti e culminata in un ambizioso progetto per Samsung Electronics a San Francisco, dove vive da tre anni.
Un dinamismo che non stupisce se si ha modo di conversare con la protagonista, frizzante nei modi e nelle parole:
Credo che le mie doti migliori siano l’ingenuità, la curiosità, l’istinto e soprattutto un’energia che non so da dove viene ma che ho fin da piccola, quando a tredici anni, dopo le medie, ho cominciato a fare la pendolare tra Livorno e Pisa per andare a scuola.
Una scelta, quella di iscriversi al liceo artistico di Pisa nonostante la distanza da casa, che la dice lunga sulla determinazione della futura designer, che negli anni dell’adolescenza si dedica con trasporto anche a un’altra sua grande passione: la vela.
A diciotto anni ero già da tempo nella nazionale di vela, avevo vinto i campionati italiani, ero arrivata quarta agli Europei e ai Mondiali ed ero stata selezionata per far parte del quadriennio olimpico, ovvero del gruppo di quattro ragazze che avrebbero dovuto allenarsi per le Olimpiadi di Londra del 2012.
Il bivio: il design o la vela
Il futuro di Caterina Falleni a questo punto è a un bivio. Continuare ad andare per mare e fare della vela un lavoro o dedicarsi all’arte e al design che tanto la attirano? È la protagonista a raccontare come è arrivata ad una scelta:
Per continuare la carriera velistica avevo solo tre possibilità: entrare in Aeronautica, in Accademia Navale o in Finanza. Ho pensato che l’accademia Navale fosse la cosa più vicina a me e mi sono iscritta. Ho passato due settimane alla Maddalena e mi sono resa conto che non avrei resistito a quel tipo di vita: ogni mattino svegliarsi alle sei, cantare l’inno, issare la bandiera e seguire le regole… Così ho deciso di iscrivermi all’Isia di Firenze (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, ndr), una scuola parastatale che ogni anno seleziona solo 25 studenti da tutta Italia e mi sono dedicata al design del prodotto.
A Zanzibar l’idea del Freeijis, il frigorifero senza corrente
Dopo tre anni l’irrequieta Caterina decide che Firenze le va stretta e parte per un Erasmus di sei mesi a Kuopio in Finlandia a cui fa seguito un internship a Rotterdam, dove lavora per la WAACS Design & Consultancy.
In quel periodo smaniavo per andare all’estero, ma dato che sono una che ama sempre terminare quello che ha iniziato, dopo Rotterdam sono tornata a Firenze per finire l’Università. Dovevo scrivere la tesi e mia zia, che lavorava a Zanzibar da 25 anni, mi ha chiesto se potevo darle una mano per un progetto di abitazioni private per un resort che stava sviluppando. Ho accettato e lì ho avuto il primo contato con il concetto di evaporative cooling, un sistema di refrigerazione che avviene attraverso l’evaporazione, molto utilizzato in Africa anche se non è mai stato veramente commercializzato. Da lì la mia idea originale, il Freeijis, un apparato di refrigerazione senza corrente.
Dall’idea alla realizzazione il passo non è breve, ma l’inarrestabile Caterina lavora senza sosta:
Tornata in Italia ho contattato professori e ingegneri, sono andata a parlare dei ceramisti a Faenza e ho sviluppato il prototipo per la mia tesi, che mi ha catapultata per tre mesi in ”un altro mondo”: sono passata dall’essere una studentessa di design di Firenze alla realtà di San Francisco, un’esperienza meravigliosa dove ho conosciuto ogni tipo di persona, da studenti della mia età ad altri che avevano già creato e venduto tre startup, fino agli astronauti della Nasa.
Dopo la laurea con lode e l’eccitante esperienza americana, Caterina Falleni torna in Italia con l’idea di creare una startup dedicata a trasformare il DNA delle persone in una forma fisica come sculture, gioielli o altri oggetti che possano essere motivo di distinzione personale. Ma dopo qualche mese abbandona:
Per la parte ingegneristica avevo un socio a San Francisco, ma a distanza era molto complicato lavorare e oggi so che ero molto immatura: non era né il momento né il progetto giusto. E poi dovevo finire la specialistica, mi mancavano ancora sei esami. Così ho deciso di finire gli studi
Un mese e mezzo in viaggio nell’Atlantico
A partire dal 2013 il curriculm di Caterina Falleni si arricchisce di esperienze professionali prestigiose: dalla direzione dell’associazione no profit Axelera, alla storica Design Group Italia al MIT Senseable City Lab di Boston dove, con l’architetto e designer Carlo Ratti, è nel team di progettazione del Makr Shakr un sistema robotico per bar destinato all’uso commerciale. La vecchia passione, mai estinta, per la vela, torna però a farsi sentire e porta di nuovo la giovane designer in mare:
Con un’amica di Londra abbiamo creato Exxpedition, organizzazione senza scopo di lucro che organizza viaggi in barca a vela nell’oceano per donne di tutte le età. L’obiettivo di quel viaggio era capire come le microplastiche negli oceani incidano sulla nostra salute. Eravamo 14 donne di varie nazionalità, siamo partite da Lanzarote ed arrivate fino alla Martinica in un mese e mezzo. Era un team di ricerca, non di veliste. È stata un’esperienza che mi ha fatto tornare alle mie radici e che mi ha riconnesso con la natura. Per anni io a Milano non sognavo. In barca, invece, sognavo ogni notte. Ero l’unica a non essere una ricercatrice e ho imparato molto. Come ex-industrial designer che sceglie i materiali e il tipo di produzione ho potuto riflettere sulla responsabilità che abbiamo noi che facciamo questa professione. Da questo viaggio di ricerca è nato un documentario per il National Geographic. Ora Exxpedition continua a organizzare viaggi.
Di ritorno in Silicon Valley e la progettazione digitale
Dopo questa esperienza Caterina Falleni, sempre più sensibile ai temi della sostenibilità, progetta una bicicletta in legno riciclato, la WoodeCycle, lanciata alla design week di Milano, per poi dedicarsi completamente alla progettazione digitale. Spiega la protagonista:
Mentre lavoravo al robot Makr Shakr con Ratti ho capito che volevo ributtarmi nel mondo della Silicon Valley. Così, nel giugno 2015 mi sono licenziata e sono partita per San Francisco. Lì avevo solo degli amici che mi hanno offerto un divano letto. San Francisco è una città carissima e senza il supporto degli amici non ce l’avrei fatta. È stato un bel salto nel vuoto. Io mi ero data tre mesi di tempo per trovare qualcosa, se no sarei tornata in Italia. Andavo a eventi, cercavo di conoscere persone e fare networking.
Il talento di Caterina Falleni ancora una volta non passa inosservato e dopo un mese conosce i due fondatori italiani di Awake, una piccola digital design agency. Si unisce a loro per un anno fino a quando non arriva la chiamata in Samsung.
Avevo un po’ di problemi con i visti americani. Samsung mi ha offerto di entrare nel Mobile Innovation Team di Mountain View e mi ha dato la possibilità di avere la green card. Lo scorso novembre, l’azienda ha lanciato un concorso interno chiedendo a tutti i suoi dipendenti nel mondo di proporre delle nuove idee. Io ho proposto un progetto per democratizzare i contenuti educativi per tutti gli utenti Samsung. Ho vinto il concorso e la società mi ha concesso dei fondi e sei mesi di tempo per sviluppare il prodotto, che non posso spiegare nei dettagli per questioni di politica interna. Ho creato un team per realizzarlo e in giugno lo presenteremo al board direttivo di Samsung per capire se entro la fine dell’anno potrà andare sul mercato.
Design ed etica: la grande sfida di Caterina Falleni
Per l’intraprendente designer livornese dedicarsi a una sola cosa è riduttivo perciò, parallelamente alla sua attività principale, ancora una volta la vediamo impegnata in attività no profit che coronano la sua grande ambizione di portare i benefici del design a chi può averne più bisogno.
Ho fondato Design for X, una piattaforma che si propone di connettere i designer con imprenditori che realizzano progetti a scopo sociale. In questi mesi, inoltre, sto sviluppando un progetto di design ed etica. Credo che oggi, nell’era digitale, la responsabilità dei designer che sviluppano prodotti, software o app che finiscono nella mani di miliardi di persone sia così grande da richiedere un codice etico, che attualmente non esiste. Chiunque può manipolare la vita di milioni di persone. Io sto mettendo insieme una serie di professionisti che parleranno di etica e che intervisterò per creare insieme questo codice etico o per lo meno una serie di strumenti che possano aiutare i designer. Non so ancora se ne uscirà un libro o un documentario.
Finalmente stabile, dopo tanto peregrinare, Caterina Falleni pensa di restare a San Francisco almeno per i prossimi quattro anni. Della più europea delle città americane ama tutto, anche se, da buona italiana, non nasconde di sentire la mancanza della cultura che si “respira nel nostro Paese” e della genuinità della nostra cucina.
Per chiudere la nostra chiacchierata le domando come mai i designer italiani abbiano da sempre tanto successo nel mondo (qui la storia di Mauro Porcini, capo del design mondiale in PepsiCo). La risposta di Caterina Falleni è categorica:
Tutto merito dell’arte di arrangiarsi. Sto leggendo la biografia di Leonardo Da Vinci e vedo che anche nella storia la caratteristica che contraddistingue gli italiani è sempre stata l’arte di sapersela cavare. A me quando dicono che sono in ritardo perché sono italiana rispondo che io sono ottimista, cioè utilizzo il mio tempo in maniera creativa…