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Son Pascal
È italiano l’idolo dei kazaki. La storia del cantante Pasquale Caprino, in arte Son Pascal
Patrizia La Daga

Patrizia La Daga

Giornalista milanese, co-fondatrice di ItalianiOvunque.com. Si è sempre occupata di temi economici, sociali e culturali e ha condotto trasmissioni televisive su emittenti private. Dal 1999 risiede in Spagna, a Barcellona, dove per alcuni anni ha fondato e diretto la rivista a diffusione nazionale "Ekò", specializzata nella new economy. Nel 2012 ha creato Leultime20.it, sito dedicato ai temi letterari e culturali. Dal 2018 organizza e presenta l'evento di storytelling motivazionale Leadership Arena con grandi personaggi italiani e spagnoli. Leggere, viaggiare e fare sport sono le sue grandi passioni (dopo i suoi due figli).

C’è un giovane cantante italiano in Kazakistan che da anni fa impazzire le folle. Si chiama Son Pascal, nome d’arte di Pasquale Caprino, trentaduenne originario della provincia di Salerno. La sua storia è di quelle degne di una fiction, con il pregio di essere assolutamente reale. Tanto che nel 2013 Deejay TV ne ha fatto il protagonista di Pascalistan, un programma in cui il cantante documentava la sua vita kazaka tra viaggi, concerti e incontri di ogni tipo. Nel 2015 il pubblico italiano lo ha visto anche nei panni di un concorrente della nota trasmissione di Raidue Pechino Express. Comunicatore senza filtri e guascone quanto basta, Son Pascal è un personaggio che sa farsi notare.

Ma andiamo per ordine: Che cosa ci fa un cantante italiano in Kazakistan? Un cantante che canta in kazako, russo e in inglese ?Un artista capace di riempire uno stadio da cinquantamila persone e che da pochi mesi si è trasferito a Mosca, per cercare di conquistare anche il mercato sovietico con la sua musica?

È il protagonista di questa curiosa storia, fatta di un’enorme passione per la musica, giuste intuizioni e tanta perseveranza a raccontare i suoi esordi:

Da piccolo cantavo nel coro della chiesa, ero negli scout e volevo fare il prete. Finito il mio “periodo clericale” sono diventato ateo, ma quegli anni mi sono serviti. Mi avevano regalato una chitarra e non smettevo di suonarla. Dopo liceo classico, sono iscritto a Legge, a Roma, perché mio padre voleva che facessi l’Università, ma non ho dato nemmeno un esame. Mi sono accorto subito che non faceva per me e dopo pochi mesi ho detto a mio padre che volevo fare il musicista. “Abituati a una vita di stenti” fu la sua risposta…

A scuola da Mogol e dai più grandi

Deciso ad inseguire il suo sogno, il giovane Pasquale Caprino bussa alla porta del CET di Mogol (Centro Europeo di Toscolano) e dopo un provino viene accettato come studente:

Mogol mi prese a cuore, diventammo amici e tempo dopo cominciai a lavorare nella scuola. Una delle mie prime esperienze fu quella di tutor di un gruppo di bambini russi, figli di dipendenti di una multinazionale. Con loro imparai una canzone in russo che mi fu molto utile più avanti, quando andai in Kazakistan.

Son Pascal
Pasquale Caprino, in arte Son Pascal, con il maestro e amico, Mogol

La formazione musicale di Pasquale Caprino si basa su un approccio allo studio che lui stesso definisce “rinascimentale”. Spiega l’artista:

Non mi sono mai fidato molto delle istituzioni, ho sempre cercato i maestri. Aprivo i dischi che mi piacevano, leggevo chi ci suonava e cercavo i più bravi. A volte era impossibile contattarli, ma in alcuni casi ci sono riuscito, come con Bruno Iliano, compositore, pianista e arrangiatore, che ha lavorato con Pino Daniele e altri grandi. Io chiedevo di farmi lezione anche se non era il loro lavoro. Io insistevo, dicevo “ i pago, cucino anche per te se vuoi, ma tu insegnami”. Per imparare bisogna stare a proprie spese con quelli che ne sanno più di te. Come con Mogol, che è uno sciamano, chimico, medico, sa di tutto. Per me lui è una vera e propria guida.

Nonostante l’ottima formazione musicale, i primi tempi per Son Pascal non sono facili. Ricorda l’artista:

Nel 2008 riuscii a produrre un disco completamente in inglese, che però non ebbe successo. Erano i primi anni di XFactor e di Amici ed era molto complicato posizionarsi sul mercato italiano, perciò dopo un paio d’anni di tentativi presi la decisione di lasciare l’Italia. Non volevo fare la fine dei tanti cantautori “sfigati” perciò, nel gennaio del 2010, vista la mia passione per la musica britannica, decisi di trasferirmi a Londra.

Londra e i Beatles

Con l’idea di ottenere la giusta ispirazione nella capitale inglese, Pasquale Caprino compra un biglietto di sola andata e parte in cerca di fortuna. A Londra trova alloggio in un appartamento che divide con altri ragazzi, che gli danno una mano ad affrontare le dinamiche della città e a perfezionare la lingua. Per mantenersi si mette subito alla ricerca di un lavoro. Racconta:

Scelsi di non fare il cameriere, ma di cercare lavoro in un contesto musicale per avere più opportunità. Trovai una cover band dei Beatles, di cui ero un grande appassionato. La band era composta da tre ragazzi dell’Essex a cui mancava George Harrison. Dei quattro non era il mio preferito, ma feci comunque il provino e venni preso. Oltre a scoprire la grandezza di questo artista, in quegli anni mi divertii moltissimo. Con i miei compagni viaggiai per tutta la Gran Bretagna e anche nel Nord della Francia. Credo sia stata l’esperienza formativa più importante della mia vita. Mi piace fare paragoni con le biografie dei grandi: i Beatles avevano avuto il loro periodo ad Amburgo e io quello con la mia band dell’Essex.

L’incontro che cambia la vita

Mentre in Gran Bretagna gira di città cantando i grandi successi del quartetto inglese, Son Pascal non rinuncia a cercare di affermare il suo progetto cantautoriale in Italia, così torna spesso a Roma per promuovere le sue canzoni. Durante uno dei suoi concerti conosce la persona che darà origine alla svolta della sua vita:

Una ragazza kazaka che avevo tra gli amici di Facebook e che studiava a Roma, venne a presentarsi al termine del concerto. Diventammo amici e un giorno mi disse che suo fratello Anuar era un attore famoso in Kazakistan e che stava organizzando un talent show su Internet al quale avrei potuto partecipare. Io, attratto dall’esotismo del luogo decisi di accettare l’invito, ma quando arrivai scoprii che il Kazakistan è tutto meno che esotico. Era ottobre, la temperatura era di meno 15 gradi e aveva pure nevicato! L’impatto ambientale non fu dei migliori ma il posto mi piacque, anche perché non avevo nulla da perdere. Era una specie di vacanza pagata, dovevo solo esibirmi nel talent che prevedeva una finale in diretta Tv.

Per il talent Pasquale Caprino rispolvera la vecchia canzone in russo imparata anni prima nella scuola di Mogol e arriva secondo. Terminata l’esperienza kazaka torna a Londra, ma la voglia di cambiamento comincia a farsi notare. Racconta:

Londra cominciò ad andarmi stretta. Sentivo il richiamo all’avventura, sentivo che potevo fare qualcosa in Kazakistan, perché non si era mia visto un italiano che cantasse nella loro lingua e io ero piaciuto. Gli amici mi dicevano: ”Ma che ci vai a fare là?”. Io sapevo che il Kazakistan non era una meta cool, ma non mi interessava avere l’incoraggiamento degli altri. Tra l’altro il Kazakistan è un paese con bellissime donne, io avevo cominciato una relazione e quindi avevo anche una motivazione in più… Così, nel dicembre 2011, mi trasferii, questa volta a spese mie. I miei due amici, sorella e fratello, mi lasciarono un divano in casa della loro nonna. Un’anziana colta e amante della musica, da cui imparai molto.

Son Pascal
Son Pascal con alcune ragazze kazake

 Da Pasquale Caprino alla consacrazione di Son Pascal

La precaria situazione economica dei primi tempi kazaki induce Pasquale Caprino a tentare ogni via per cercare di farsi notare, con il supporto dell’amico attore e di altri collaboratori. Una notte del febbraio 2012 pubblica su youtube, social a quei tempi non ancora del tutto affermato, una parodia in kazako del noto brano di Sting Englishman in New York. Racconta il cantante italiano:

Il pezzo si intitolava Englishman in Shymkent, una città del sud del Kazakistan, piena di stereotipi, un po’ come Napoli da noi. La pubblicammo alle cinque di mattina e poche ore dopo aveva già dieci mila visualizzazioni, che a quei tempi erano tantissime. In breve il pezzo divenne virale, mi invitarono in TV e la gente cominciò a fermarmi per strada chiamando il mio nome e cantando la mia canzone.

Grazie alla potenza di Internet, Son Pascal diventa un personaggio conosciutissimo in Kazakistan, ma la notorietà non coincide con i guadagni, che ancora non arrivano. Per cercare di monetizzare la sua fama, l’artista accetta la proposta di un impresario locale che da tempo lo corteggia artisticamente e gli propone di gestire la sua agenda, facendolo cantare ad eventi privati, matrimoni, ma anche festival importanti trasmessi in Tv. Spiega il musicista:

Mi ero creato un piccolo repertorio e accettai. Per un po’ cavalcai l’onda del patriota kazako, con pezzi leggeri e anche comici, che mi hanno portato fortuna. Col tempo ho cercato di riavvicinarmi ai miei temi originari, più seri e impegnati. C’è una mia canzone d’amore che ha raggiunto il maggior numero di cover di tutta la storia della musica del Kazakistan. Quando scopri i ragazzi che cantano le tue canzoni in mezzo alla strada e tu ti fermi a parlare con loro e vedi la loro sorpresa, be’ sono emozioni impagabili.

La passione per il volo e il difficile rapporto con l’Italia

Benché le cose comincino a girare per il verso giusto, le difficoltà in un Paese culturalmente tanto diverso dall’Italia, non mancano e l’esuberante artista si trova più volte coinvolto in situazioni poco piacevoli. Racconta Son Pascal:

Il mio percorso è stato molto complicato perché a un certo punto ho scoperto che il mio manager mi rubava i soldi. In Kazakistan credo di aver subito più di quanto io abbia ricevuto. Benché sia un paese politicamente stabile e abbastanza sicuro, c’è tanta corruzione e la mentalità degli uomini può essere pericolosa. Io sono un personaggio pubblico e sono straniero, ho subito episodi di razzismo. Sono stato minacciato e aggredito, mi hanno aspettato sotto casa per questioni di donne. Però sono un grande incassatore ho molta pazienza. Nonostante i problemi il Kazakistan mi ha dato tante soddisfazioni. E poi c’è… la figa! (scrivi pure così, mi dice il cantante e io eseguo…, ndr).

Forse anche per le vicissitudini personali e i ripetuti, ma per ora infruttuosi tentativi di trovare una collocazione sul mercato musicale italiano, Son Pascal negli ultimi tempi ha scelto di dedicarsi con più assiduità a un’altra delle sue grandi passioni: il volo. Spiega l’artista cilentano:

Amo il parapendio e ho preso anche il brevetto di pilota. Questo non significa che abbia rinunciato alla mia carriera di cantante. Per il 2019 ho preparato il mio terzo album con pezzi in russo, kazako e inglese e lo promuoverò in Russia. Con l’Italia non ho un bel rapporto. Da noi ogni volta che faccio un investimento con partner seri e materiale di qualità, per cercare di tornare, perdo soldi. Prendo in prestito il pensiero di Mogol che dice che il livello di cultura popolare è caduto troppo in basso e laddove va la cultura popolare va anche la musica. In Italia siamo tornati all’età del bronzo… Le subculture ci sono sempre state, ma la qualità era diversa. Oggi la gente è sovraesposta alla cattiva musica, situazione peggiorata dai social. Oggi c’è la ricerca del personaggio non del pezzo di qualità.

Son Pascal
Son Pascal mentre si dedica al parapendio, sua grande passione

Nonostante le critiche, Pasquale Caprino, specie quando non veste i panni di Son Pascal, apprezza il nostro Paese e, come molti expat, ne vede più chiaramente i pregi rispetto ai connazionali che ci vivono. Al contrario, la sua visione del Kazakistan oggi appare meno positiva di quella che traspare dalle interviste dei tempi di Pascalistan. Dice il cantante:

L’Italia è un Paese bellissimo, pieno di risorse e di talenti, ma ci lamentiamo troppo. Noi abbiamo una cultura delle relazioni sociali che in Kazakistan non esiste. Là in sette anni non ho trovato un vero amico. I Kazaki sono ospitali, ma per il resto si fanno i fatti propri, sono tribali nel Dna.

Mentre spende parole di elogio per gli italiani che scelgono di vivere nel mondo

Io credo che gli expat siano la vera bandiera dell’Italianità nel mondo. L’apertura mentale, gli skills che si guadagnano vivendo all’estero sono fondamentali. L’Inghilterra per esempio è una nazione difficilissima, che tu faccia il barman o l’architetto ti fai un’esperienza pazzesca, diventi veloce e quando torni in Italia questa velocità ti fa essere molti più avanti degli altri.

Il futuro a Mosca o… in Thailandia

Il carattere brillante, ironico e avventuroso di questo giovane italiano ormai cittadino del mondo, si conferma anche quando risponde alle domande sul suo futuro. Nonostante il sogno di affermarsi come cantante anche in Russia, ha chiaro in mente un piano B:

Continuerò cantare in Kazakistan e proverò ad affermare anche la mia musica in Russia. Ma se non dovesse funzionare andrò a fare il pilota d’aereo in Thailandia. Voglio il mare il sole e il caldo tutto l’anno e la chitarra la userò per conquistare le giovani turiste americane…

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