Gli italiani leggono poco e scrivono tanto. Tantissimo. La notizia non è nuova, ma il fenomeno è in aumento e a far fronte all’enorme schiera di aspiranti scrittori c’è soltanto un ristretto gruppo di editor, i professionisti delle case editrici specializzati nell’acquisizione di testi e nel seguire gli autori fino alla pubblicazione. Esperti che quotidianamente vengono “bombardati” di manoscritti. Per parlare di questo fenomeno tutto italiano, ma soprattutto di un mestiere poco conosciuto, eppure fondamentale per la produzione libraria, abbiamo incontrato Joy Terekiev, veterana degli editor della narrativa straniera Mondadori e non solo. Un vera “Signora dei libri”, da quasi trent’anni all’interno della più grande casa editrice italiana, che gestisce un portafoglio di autori impressionante: John Grisham, Ken Follett, Scott Turow, EL James, Robert Harris, John Le Carré, Sophie Kinsella, Pierre Lemaitre, e tra gli italiani Luca Bianchini, Marcello Introna e Stefano Crupi. La lista dei mostri sacri della scrittura seguiti da questa professionista è lunghissima.
Editor Mondadori quasi per caso
Persona di grande cultura, nata a Milano da genitori bulgari, con studi in Italia e all’estero, Joy Terekiev è laureata in letteratura francese del ‘600 all’Università Statale di Milano. Lettrice compulsiva, poliglotta sin da piccolissima, è cresciuta in un ambiente fortemente cosmopolita, caratterizzato da una marcata propensione artistica e, nonostante la passione per la letteratura, la professione di editor non faceva parte dei suoi piani di gioventù. In Mondadori, infatti, la futura editor è entrata nel 1992 per un lavoro di ufficio stampa e pubbliche relazioni, chiamata da una conoscente in cerca di una persona che parlasse perfettamente francese.
Nel 1999 le è stato offerto il ruolo che ricopre ancora oggi e per il quale ha dimostrato di avere un grande talento. Prima donna editor Mondadori a occuparsi della narrativa straniera commerciale, punto di forza della casa editrice, Joy Terekiev ha aperto le porte alle scrittrici (prima tra tutte Sophie Kinsella) che fino ad allora non erano mai entrate nel catalogo degli Omnibus, la collana dei grandi successi della casa editrice di Segrate. Da allora sono innumerevoli le penne celebri passate tra le sue mani.
Per chi sogna di lavorare nel mondo editoriale o di pubblicare un romanzo una conversazione con Joy Terekiev è illuminante.
Joy, quali sono le caratteristiche fondamentali di un buon editor?
Ritengo che, come per uno scrittore, anche per un editor uno ci nasca e non lo diventi. Trovo che l’esperienza sia fondamentale, si può migliorare, affinare la capacità di valutazione di un testo, ma bisogna esserci portati. E poi è importante non avere pregiudizi. Io leggo con la testa “libera” per capire se quello che leggo mi piace, senza nessun altro tipo di ragionamento o valutazione. Ci vuole sensibilità, fiuto, sesto senso, chiamalo come vuoi. In questa prima fase non penso al pubblico, né al momento della pubblicazione. Mi concentro solo sulle pagine che leggo.
Da sempre critica e pubblico faticano ad andare d’accordo. Come si fa a conciliare le esigenze letterarie con quelle commerciali?
Io questo problema non me lo pongo. Parlo per me anche se so che non è così per tutti. Per me esistono solo libri buoni e libri che non lo sono e rifuggo dalle categorie strette. Credo che la cosa più importante per un editor sia saper riconoscere il talento. Devi essere appassionato in questa ricerca, devi esserne a caccia, saperlo vedere, ammirare, stimare. Può succedere che un autore venga preso per altri motivi, ma non è il mio caso. Io parto solo dal mio gusto personale. Il mio punto di partenza è: “Che bella voce ha questo autore. Come mi sento bene leggendolo, come mi piace”. Ho ben chiara la politica commerciale della mia casa editrice , ho un gusto “pop” e credo di saper intercettare quello del grande pubblico, sia che si tratti di autori letterari come Pierre Lemaitre, che di altri più commerciali come la Kinsella o Luca Bianchini.

Eppure capita che alcuni libri vendano tantissimo, ma vengano snobbati dalla critica. Come mai?
Sì, è vero, spesso ci sono delle discrepanze tra il successo di pubblico e il pensiero dei critici, ma io non mi pongo queste domande. Qualche volta mi capita di essere un po’ amareggiata perché ci sono autori di grandissimo successo a cui i grandi quotidiani non hanno mai dedicato un profilo o un’intervista sulla loro scrittura perché vengono considerati non sufficientemente “ letterari”. Eppure sono voci autentiche che vendendo tanto, meriterebbero lo stesso trattamento di altri.
Il mercato è spesso soggetto a “mode”, basta ricordare il fenomeno delle “Cinquanta sfumature” che ha riempito le librerie di romanzi erotici. Come ti regoli quando un trend del mercato diventa così potente?
È vero che i grandi fenomeni generano emulazione, dando vita a romanzi che io definisco “derivativi”. Anche noi in Mondadori sull’onda del successo di “Cinquanta Sfumature” abbiamo preso altre autrici erotiche che ci erano state segnalate e che fino a quel momento vendevano bene solo in edicola. In genere preferisco passare a qualcosa di diverso, ma se l’azienda lo chiede, fa comunque parte del mio mestiere.
Quindi non sei mai alla ricerca di un genere specifico?
Assolutamente no. Quello che non faccio mai è partire dalla moda del momento. Non succederà mai che io chieda un’opera a tavolino in base al trend in atto. Molti cercano qualcosa di specifico, vanno a caccia del filone del momento: un buon giallo, un buon romanzo storico, un buon noir… io no, io cerco solo un buon scrittore. Sono molti i buoni manoscritti che passano inosservati perché escono da categorie predefinite: “Eh no, troppo violento, troppo locale, io cerco un buon finale, eh no, peccato questo scrive bene ma il libro è toppo deprimente”. Io non parto da lì.
Come editor Mondadori della narrativa straniera come organizzi il tuo lavoro?
Io mi occupo di tutti i grandi autori stranieri della casa editrice, sia quelli acquisiti prima del mio arrivo, sia quelli acquisiti da me, e di qualche autore italiano che ho voluto pubblicare negli anni. I libri stranieri ci vengono segnalati da una rete di agenti, editori, scout, anche se in questo momento io acquisisco pochissimo perché non riuscirei a trovare il tempo necessario per seguire tutto per come mi piace. Con rispetto, cura e attenzione. Nel mio mestiere mi occupo anche del publishing, cioè delle varie fasi che portano il manoscritto a diventare il libro che vediamo in libreria, la traduzione, la scelta delle copertine… e del rapporto con l’autore che è per me è fondamentale. Gli autori vanno seguiti sempre. Se Ken Follett, per esempio, fa un libro ogni tre anni, tu lo devi comunque seguire nel suo percorso.
Quando hai tra le mani un libro di un tuo autore straniero ti capita di intervenire sul testo?
Io tendo a comunicare molto con l’autore e con il suo agente e non mi faccio problemi se ritengo che ci siano migliorie da fare. Ovvio che maggiore è la consuetudine a lavorare con un autore, più facile è entrare in sintonia.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Sapere di aver fatto bingo, sapere che il mio autore parla a tante persone.
E cosa ti piace di meno?
Credere fermamente in qualcuno e vedere che non ce la fa e doverne parlare con lui.
Nelle classifiche italiane, ma anche internazionali, appaiono quasi sempre gli stessi scrittori. Si è ridotto lo spazio per gli esordienti?
Sì. Di questi tempi , con un mercato ristretto, per le case editrici è più sicuro investire sui grandi brand di successo. L’editore, è ovvio, deve guadagnare. Quindici anni fa era più facile farsi strada. Da un lato rattrista vedere in classifica sempre i soliti noti e rendersi conto che i lettori “tendono un po’ a seguire il gregge”. Ci sono esordienti formidabili, ma l’offerta è così vasta che diventa difficile farsi notare. Dall’altro, però, gli scrittori famosi hanno una voce autentica che ha saputo raggiungere il cuore dei lettori e li ha conquistati. Se dico Camilleri o Elena Ferrante non mi posso sbagliare. Sono i nostri big seller anche all’estero. La gente li conosce, è rassicurata, sa che sta facendo un acquisto sicuro.
Con questa situazione di mercato, cosa consigli a un aspirante scrittore in cerca di pubblicazione?
Prima di tutto vorrei sfatare un mito: c’è la percezione comune che lavorare nell’editoria sia “figo”, ma il lavoro creativo è difficile, fragile e delicato, da una parte e dall’altra. Sia per lo scrittore che per l’editor. Pierre Lemaitre, che trovo geniale nelle sue risposte, ha detto, riferendosi alla scrittura: “altro che ispirazione, molta traspirazione!” Scrivere un libro è sudore, fatica. Detto questo io sono dell’idea che uno deve credere in quello che fa. Perché se ci credi davvero il romanzo lo devi sottoporre agli editori, senza diventare uno stalker, perché questo non aiuta. Gli editor sono pochissimi rispetto alla mole di materiale che arriva.
Immagino che un editor Mondadori sia bersagliato di richieste di lettura in cerca di pubblicazione. Come ti regoli?
Sì, è vero, noi editor siamo veramente perseguitati. È inquietante che in Italia, più che negli altri paesi, perché mi sono confrontata con colleghi stranieri, tutti vogliano scrivere. È quasi una patologia. Noi siamo costantemente bersagliati, non si può andare a cena senza che qualcuno ti parli di suo cugino o di suo zio che ha scritto qualcosa, non c’è volta che apri il computer e non trovi messaggi anche sui social… Il problema è che nel 98% dei casi, per il mio gusto personale, il manoscritto non merita di essere pubblicato. Poi, può capitare che ci sia qualcosa di valido che io ho visto ma che non mi è piaciuto. Ci vuole anche un po’ di fortuna ad “incontrarsi”. Io comunque cerco sempre di dare un’occhiata quando posso e magari di passarlo ai miei colleghi. Rispondo sempre a tutti, anche quando per mancanza di tempo non posso leggere.
Ti è capitato di scartare un libro che poi ha pubblicato qualcun altro con molto successo?
Sì, più di una volta e non ho difficoltà a dirlo. Te ne cito uno: “La ragazza con l’orecchino di perla”. Il testo mi era stato segnalato dai nostri scout. Mi passò tra le mani, lessi solo un capitolo e non mi piacque. Si sa, il gusto è qualcosa di molto personale. Poi lo pubblicò un altro editore. Se oggi mi tornasse ancora sulla scrivania di certo lo rifiuterei di nuovo. Non è un libro nelle mie corde. Mi annoia profondamente. E non sarà il primo né l’ultimo.
C’è qualche scoperta letteraria che come editor Mondadori vai particolarmente orgogliosa?
Le ho contate, le cose di cui sono molto orgogliosa sono sette, alcune di grandi numeri e altre no. Però non le dico, sarei ingiusta, io voglio bene a tutti i miei autori.