Spreco alimentare, ottimizzazione delle risorse e tutela dell’ambiente sono temi che richiedono sforzi legislativi importanti da parte dei governi. Tutti conosciamo l’importanza di lasciare alle generazioni future un mondo pulito e con abbondanza di risorse, ma il cammino da percorrere appare ancora lungo.
Il cibo è un valore primario per l’essere umano. Quotidianamente combattiamo tra due estremi: la consapevolezza che una parte di mondo soffre la fame, da un lato, e la presa di coscienza di quante risorse abbiamo a disposizione e dello spreco che ne consegue, dall’altro. Dal nostro frigorifero, passando per gli scarti nei ristoranti, fino ad arrivare alle eccedenze della produzione industriale.
Avvertiamo l’esigenza di ottimizzare le risorse, su più piani. Non si tratta solo di “Nutrire il pianeta”, dal titolo dell’Esposizione Universale ospitata a Milano nel 2015, ma anche di proteggerlo: evitando lo spreco alimentare, non solo si può garantire una più equa distribuzione delle risorse, ma si può anche notevolmente ridurre la quantità di rifiuti da smaltire.
Una legislazione sensibile a questi temi, in ogni Paese del mondo, può preservare gli esseri umani da problemi enormi per la salute, quali la malnutrizione o l’obesità; può permettere alle aziende produttrici di limitare gli scarti, garantendo loro una maggior efficienza e un considerevole risparmio in termini di smaltimento delle eccedenze; può consentire agli Stati notevoli vantaggi in termini di salute dei propri cittadini.
Oltre un miliardo di tonnellate di cibo sprecate ogni anno
Secondo il rapporto della FAO del 2015, l’agenzia ONU che si pone l’ambizioso obbiettivo di sconfiggere la fame nel mondo, sul nostro pianeta vengono prodotte 3,9 miliardi di tonnellate di cibo, di cui 1,3 miliardi di tonnellate sprecate ogni anno, ossia quattro volte la quantità di cibo necessaria a sfamare i 795 milioni di persone denutrite sulla Terra!
Ciò significa che c’è cibo sufficiente per sfamare il doppio della popolazione mondiale. Eppure, quasi un miliardo di persone soffre la fame.
Il problema dunque, non risiede nella mancanza di cibo ma in quella che, una recente e interessantissima ricerca condotta in Italia da Federalimentare, Federdistribuzione (ossia le associazioni di industriali che si occupano del settore), in collaborazione con Banco Alimentare, ONLUS italiana che si occupa della raccolta di generi alimentari e del recupero delle eccedenze alimentari della produzione agricola e industriale e della loro ridistribuzione a strutture caritative a favore delle persone più indigenti, definisce “insicurezza alimentare”.
La normativa italiana contro lo spreco alimentare è all’avanguardia
Non tutti i Paesi dimostrano la stessa sensibilità: alcuni sono estremamente all’avanguardia, come l’Italia che, con la recentissima legge c.d. “Gadda”, è il primo Paese al mondo a dotarsi di una normativa “quadro” che abbraccia tutti gli aspetti del settore. Essa è stata redatta in collaborazione con le principali associazioni benefiche che si occupano del tema.
Grazie ad una serie di sgravi fiscali ad hoc, politiche di diffusione delle “doggy bag” nei ristoranti, l’introduzione di corsi di “educazione alimentare” nelle scuole, finanziamenti a sostegno del settore, ha consentito un aumento delle donazioni delle eccedenze alimentari del 21,4% in un solo anno dall’entrata in vigore! Con un notevole guadagno per i più bisogni, per la salvaguardia dell’ambiente e per tutti gli operatori economici della filiera.
Anche Giappone, Cina (dove la concentrazione di popolazione è talmente elevata da far si che il tema delle eccedenze alimentari diventi, in modo impellente, un “problema” o una “risorsa” anche per lo stesso Stato) e Australia sono da decenni estremamente all’avanguardia nella regolamentazione di questo specifico esempio di “Economia circolare”. Non tutti i Paesi del mondo, purtroppo, dimostrano la medesima sensibilità.
La sostenibilità ambientale, economica e sociale può portare giovamento a tutti i livelli, a partire dai più bisognosi, sino ad arrivare all’economia, al territorio, allo Stato.
Per fortuna, l’opinione pubblica può fare molto per sensibilizzare i propri governi su questa materia, dove tutti hanno da guadagnarci.