Valentina Sumini
Valentina Sumini, da Alessandria a Marte, ecco chi è l’italiana che progetta le città spaziali
Patrizia La Daga

Patrizia La Daga

Giornalista milanese, co-fondatrice di ItalianiOvunque.com. Si è sempre occupata di temi economici, sociali e culturali e ha condotto trasmissioni televisive su emittenti private. Dal 1999 risiede in Spagna, a Barcellona, dove per alcuni anni ha fondato e diretto la rivista a diffusione nazionale "Ekò", specializzata nella new economy. Nel 2012 ha creato Leultime20.it, sito dedicato ai temi letterari e culturali. Dal 2018 organizza e presenta l'evento di storytelling motivazionale Leadership Arena con grandi personaggi italiani e spagnoli. Leggere, viaggiare e fare sport sono le sue grandi passioni (dopo i suoi due figli).

Progetta città spaziali, pensa di poter diventare astronauta, sa tutto sui grattacieli e sul calcolo strutturale, ma soprattutto ha una passione quasi extraterrestre per il suo lavoro. Valentina Sumini, trentaquattrenne di Alessandria, una laurea in Architettura al Politecnico di Torino e una in Ingegneria Edile al Politecnico di Milano, dottorato e varie esperienze internazionali, è una delle ricercatrici italiane più in vista del Massachusetts Institute of Technology di Boston (MIT), dove lavora dal 2016 e dove collabora con la Nasa per mandare l’uomo, in un futuro forse non troppo lontano, a vivere su Marte.

Con il suo progetto Redwood Forest, Valentina Sumini ha vinto il Mars City Design Prize, riconoscimento dedicato alle migliori idee per la realizzazione di una città sostenibile sul Pianeta rosso e al momento è impegnata nella preparazione, come comandante, di una missione scientifica che dovrà ricreare le condizioni di vita marziane.

Tra architettura e ingegneria

Appassionata di innovazione e dotata di un’intelligenza brillante, Valentina Sumini è il simbolo delle giovani italiane di talento, capaci di perseguire i propri obiettivi senza farsi scoraggiare da ostacoli e difficoltà. Una mente curiosa e piena di interessi, stimolata fin da bambina da un contesto familiare favorevole, come racconta lei stessa:

Posso definirmi “figlia d’arte” in materia scientifica. Mio padre, infatti, è docente di ingegneria nucleare e mia madre architetto. La mia infanzia è sempre stata contaminata da queste discipline Quando si è trattato di scegliere la facoltà a cui iscrivermi inizialmente ero confusa, così ho fatto i test sia per ingegneria che per architettura. Poi ho scelto quest’ultima e mi sono specializzata negli studi sulla dinamica degli edifici, che è molto legata al mondo dell’ingegneria. Erano gli anni post terremoto dell’Aquila e i temi della prevenzione antisismica sono stati fondamentali.

Valentina Sumini con l’ex-astronauta italiano Paolo Nespoli. Alle loro spalle una riproduzione di un modulo del progetto Redwood Forest.
Dai grattacieli alle città spaziali con un occhio al comfort degli astronauti

Prima di arrivare alla progettazione delle città spaziali il percorso di Valentina Sumini la vede studiare in Olanda, a Parigi e all’Illinois Institute of Technology di Chicago, polo universitario d’eccellenza dell’ingegneria civile mondiale. Esperienze che l’avvicinano al design computazionale e al coding, ovvero alla scrittura di algoritmi per la progettazione architettonica, disciplina all’epoca ancora poco sviluppata in Italia.

A Chicago ho imparato molto sui grattacieli e questo si è rivelato utile per la progettazione spaziale perché nello spazio le condizioni sono estreme, proprio come nel caso di questi edifici. Per progettare una città spaziale è richiesta una grande attenzione alla struttura, all’ottimizzazione dei materiali, ma anche alla cura degli aspetti psicologici degli astronauti. Molte missioni falliscono perché è duro stare in uno spazio confinato per tanto tempo. Il mio obiettivo è creare un’architettura che sia funzionale e risponda alle direttive della Nasa per le missioni spaziali, ma che sia anche capace di creare un habitat confortevole dal punto di vista psicologico, prendendo spunto da quello che già c’è in natura.

Redwood Forest, la città spaziale su Marte

Proprio grazie all’osservazione della natura è nato il progetto Redwood Forest un’avveniristica città, in cui far vivere fino a diecimila persone su Marte, ma idealmente utilizzabile anche in altre zone ostili del nostro pianeta come i deserti o le aree ghiacciate. Costituita da una serie di calotte emisferiche, autonome dal punto di vista energetico e collegate tra loro da tunnel sotterranei che si diramano come le radici degli alberi, la città progettata dal team di Valentina Sumini ospita bacini d’acqua potabile, coltivazioni idroponiche e ogni altro elemento rivolto al comfort dei suoi abitanti. Spiega la scienziata:

Qui al MIT ho la fortuna di lavorare con diversi astronauti che ci offrono a loro consulenza raccontandoci le loro esperienze e i loro bisogni quando si trovano nello spazio. Jeffrey Hoffman, noto astronauta dello Space Shuttle e ora professore di aeronautica e astronautica, mi dice che quando vede il mio habitat e sente gli uccellini cinguettare è felice. Per noi è importante creare un ambiente sicuro, dove un giorno una colonia umana possa vivere in condizioni ideali dal punto di vista psicofisico.

Uno dei moduli del progetto “Redwood Forest”, la città spaziale ideata da Velentina Sumini per permettere all’uomo di vivere su Marte
Il sogno di diventare astronauta

Provvista di inesauribile energia, che si rivela anche nel linguaggio, rapidissimo e spesso impregnato di anglicismi scientifici, Valentina Sumini non ha intenzione di limitarsi ai risultati già raggiunti, ma coltiva il sogno di andare un giorno nello spazio come astronauta.

Io non sono ancora all’interno di un programma di addestramento per astronauti, ma sto facendo dei training che sono obbligatori per chi vuole diventarlo, perciò, se un giorno riuscirò ad accedere a questi programmi, avrò già fatto alcune delle pratiche indispensabili tra cui quella del volo in assenza di gravità.

Tra gli obiettivi della battagliera Valentina Sumini c’è quello di democratizzare l’accesso allo spazio rendendolo più accessibile anche alle donne. Continua la ricercatrice italiana:

Il mondo dello spazio è ancora prevalentemente maschile, ci sono ancora barriere e preconcetti ma al MIT vedo tante donne illuminate che ti insegnano ad avere forza ed energia.

Valentina Sumini
Valentina Sumini durante il volo in assenza di gravità mentre testa il suo speciale esoscheletro. Foto: Steve Boxall
Cavallucci marini per muoversi in assenza di gravità

Già premiata dalla Nasa per il progetto un hotel di lusso orbitante che nel 2028 potrebbe sostituire l’attuale Stazione spaziale internazionale, Valentina Sumini non si stanca di sperimentare in ogni campo che possa migliorare la vita dell’uomo nello spazio.

Tra le sue ultime realizzazioni uno speciale esoscheletro, progettato in collaborazione con il designer Manuel Muccillo, dotato di una “coda prensile”, ispirata a quella dei cavallucci marini, inserito in una tuta appositamente progettata per aiutare gli astronauti a muoversi in assenza di gravità. Spiega la giovane scienziata:

Ho condotto l’esperimento io stessa indossando l’esoscheletro durante una simulazione di volo in assenza di gravità. L’ambiente sottomarino per molti versi è simile a quello dello spazio. I cavallucci marini usano la coda per aggrapparsi agli oggetti e per orientarsi e a me questo affascinava molto. A maggio del 2020 ripeterò il training per apportare delle migliorie al programma.

La coda “prensile”, ispirata a quella dei cavallucci marini, progettata da Valentina Sumini
Il coraggio della propria “vision”

Affettivamente legata al nostro Paese, dove torna appena può, Valentina Sumini dopo anni di esperienze all’estero, ha ben chiare le differenze culturali tra l’ambiente accademico italiano e quello americano:

In Italia alcune idee un po’ visionarie come le mie spesso vengono marginalizzate. A me è capitato, salvo poi essere applaudita dalle stesse persone quando sono tornata per tenere conferenze. Al MIT, ed in particolare al MediaLab, il Dipartimento in cui lavoro, invece, la creatività viene premiata così come la multidisciplinarietà. L’ambiente è anticonformista, ti viene subito detto che non importa cosa è stato fatto finora, se hai un’idea e la vuoi mettere in gioco trovi il supporto scientifico per farlo. In Italia mi sembra che ci sia poca voglia di essere disruptive anche se riconosco che io ho avuto anche grandi maestri, che mi hanno sempre stimolato.

Orgogliosa dei risultati ottenuti, ma anche riconoscente nei confronti di chi l’ha supportata fino ad oggi, Valentina Sumini si emoziona pensando al recente messaggio di Caroline Kennedy che l’ha pubblicamente ringraziata a nome della famiglia per lo straordinario lavoro del suo team. Una soddisfazione che la ripaga di molti sacrifici:

In Italia quando studiavo mi chiedevo spesso: “Come faccio ad arrivare lì?” Non c’è un manuale d’uso per tutto questo. Credo di essere riuscita seguire le mie intuizioni e di aver avuto quella dose necessaria di coraggio per provarci, anche quando le condizioni non sembrano essere favorevoli. Bisogna sempre mantenere la stessa dose di entusiasmo e di energia. Io sono fortunata ad avere questa creatività, mi dicono sempre che sono un vulcano di idee ma poi occorre trovare un ambiente ideale per poterle sviluppare.  Direi a tutti di non scoraggiarsi mai, con la giusta attitudine si modifica anche la realtà che si ha intorno.

Prossima missione: Italia

Valentina Sumini ha intenzione di tornare in Italia almeno per un po’ con l’obiettivo di realizzare una “contaminazione inversa”, ovvero fare da facilitatrice per gli studenti italiani che vogliono trasferirsi al MIT. Spiega la ricercatrice:

Collaboro già con realtà illuminate come la Confartigianato di Vicenza perciò un tentativo di restare nel nostro Paese lo farò di certo. Io amo molto l’Italia, al MIT sono nel board dell’associazione che riunisce studenti e ricercatori italiani. Organizziamo molti eventi per promuovere la cultura italiana a Boston in stretta collaborazione con il consolato. Insomma, qui il contatto con il nostro Paese non manca mai.

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