Lungimiranza, spirito di iniziativa, umiltà, resilienza e perseveranza. Sono solo alcune delle caratteristiche che hanno portato Nicola Cerantola da essere uno dei tanti studenti indecisi sul proprio futuro a uno dei più affermati esperti di economia circolare a livello internazionale, con una carriera in costante ascesa.
Originario di Tezze sul Brenta (Vicenza), ma da quattordici anni residente a Madrid, Cerantola rappresenta il perfetto mix tra la mentalità imprenditoriale veneta, solida e lavoratrice, e il vivace entusiasmo spagnolo. Una combinazione che unita a un grande desiderio di conoscenza lo ha portato a qualificarsi come uno degli esperti più richiesti in Spagna e in America Latina nell’ambito dell’economia circolare.
Classe 1982, Nicola Cerantola, si laurea in ingegneria meccanica a Padova. Un traguardo per nulla scontato, come racconta lui stesso, con uno spiccato accento veneto e un vocabolario spesso contaminato da divertenti spagnolismi:
Alla fine degli anni novanta nelle nostre zone iscriversi all’Università non era così frequente. Nel contesto veneto c’erano tante piccole e medie aziende che cercavano i periti, una figura che era già sufficiente per il mercato lavorativo di quell’epoca, e trovare lavoro non era difficile. Per un po’ ho dubitato, poi ho deciso di iscrivermi a ingegneria meccanica visto che sin da piccolo volevo sempre costruire qualcosa. Ho cercato di essere autosufficiente così a 18 anni, mentre studiavo, ho cominciato a lavorare come cameriere. Intanto cresceva in me la voglia di viaggiare.
Da Londra a Città del Messico
Nel 2003, durante il terzo anno di Università, come tanti giovani italiani il futuro esperto di economia circolare si trasferisce a Londra armato soltanto della sua voglia di imparare l’inglese e di fare una nuova esperienza di vita. Lavora per alcuni mesi in un ristorante italiano, torna in Patria per terminare gli studi e quindi trova di nuovo lavoro in un ristorante asiatico londinese, dove resta per altri tre mesi.
È in quel periodo che conosce una giovane spagnola che segnerà il suo destino con la sua vitalità. Racconta Nicola Cerantola con una buona dose di autoironia:
Io incarnavo la “nebbia del Veneto”, lei la passione della Spagna. Sono tornato a casa per un po’, ho lavorato in un’azienda, ma non mi sentivo sodisfatto, faticavo a capire qual era la mia strada. Lei ha saputo contagiarmi con il suo entusiasmo e ha fatto emergere la mia parte più “spumeggiante,” che poi mi è rimasta per sempre. Io, molto quadrato, ingegnere, mi sono sentito proporre di andare a vivere a Città del Messico perché lei, aspirante attrice, pensava di avere delle possibilità di lavoro. Ho accettato, mi sono licenziato e nel 2009 ci siamo trasferiti.
Nei cinque mesi di soggiorno nella capitale messicana Nicola Cerantola per mantenersi insegna italiano ai bambini e per arrotondare impara a disegnare pagine web. Durante un viaggio nel sud del Messico ha una prima presa di coscienza di quella che poi diventerà la sua “vocazione ecologica”. Spiega il protagonista:
Sono rimasto impressionato dalla natura lussureggiante di quei luoghi. Ad Akumal nuotavo con una tartaruga marina e ricordo aver pensato che dovevo far qualcosa per l’ambiente.
La scoperta dell’ecodesign
Una volta rientrato a Madrid Nicola Cerantola, da vero precursore, identifica nell’ecosostenibilità un ambito promettente che non aveva mai preso in considerazione, perché l’attuale sensibilità nei confronti di questo tema non era ancora sviluppata e non esistevano nemmeno corsi universitari specifici. Con la curiosità e lo spirito imprenditoriale che lo contraddistinguono il giovane veneto si mette a studiare su Internet tutto ciò che riguarda l’ecodesign, ovvero la progettazione di prodotti e servizi che rispetti i criteri ambientali.
La competenza acquisita in breve gli consente di collaborare con l’Istituto Europeo di Design di Madrid (Ied) per dare lezioni di ecosostenibilità e nel frattempo frequenta un corso gratuito per disoccupati sulla gestione dei rifiuti. La docente, visto un suo progetto, gli propone di dare lui stesso lezione ai suoi compagni di corso. Esperienze che poco a poco gli apriranno nuovi cammini:
Grazie a queste collaborazioni alcune Università spagnole hanno cominciato a chiedermi di dare lezioni sull’ecodesign. Per me era comunque un periodo duro. Con solo 30 ore all’anno di lezione fatturavo cifre ridicole che non mi permettevano di mantenermi. Ho avuto momenti duri e anche la mia relazione personale era finita. Nonostante le difficoltà decisi di restare a Madrid perché sentivo che quella era la direzione giusta e bisognava crederci.
Vendere scarpe: scuola di vita
Per far fronte alle spese Nicola Cerantola trova lavoro come commesso in un negozio di scarpe dove resta due anni e qualche volta per arrotondare continua a fare il cameriere. Ma nell’appartamento, che condivide con alcuni studenti, continua a progettare:
Cercavo di proporre il mio servizio sull’ecodesign ma era difficilissimo perché significava vendere qualcosa che nessuno conosceva. Ci mettevo 40 minuti a spiegare alla gente quello che cercavo di fare e tuttora, dopo dieci anni, siamo a 35 minuti… C’è molta confusione. C’è ancora gente che associa questa parola solo all’efficienza energetica o ai pannelli solari, invece stiamo parlando di prodotti di ogni tipo, non solo di edifici. I due anni vendendo scarpe, oltre al lavoro da cameriere, sono stati una grande scuola di antropologia e psicologia. Esperienze necessarie per poter poi gestire i clienti.
Tra il 2012 e il 2015 Cerantola vive quella che definisce la “valle della morte degli imprenditori”, ovvero un’epoca in cui il lavoro aumenta ma le entrate no.
Sono stati anni di equilibrismo in cui facevo anche altri lavoretti accessori per poter andare avanti. Ma intanto continuavo a “seminare”. Davo conferenze gratis, cercavo accordi win-win, insomma non guadagnavo ma diffondevo l’idea di quello che stavo facendo.
L’affermazione professionale
Il 2015 è l’anno della svolta per Nicola Cerantola, che racconta:
Sono stato scelto come consulente per un progetto delle Nazioni Unite a favore dell’imprenditoria verde nel Mediterraneo. Un contratto ben retribuito. Da lì ho cominciato a “respirare” ed è iniziata una spirale positiva. Lavorare all’interno di un coworking, un’altra delle mie attività in quel momento, mi aveva permesso di conoscere tutto l’ecosistema di Madrid e aveva favorito i contatti con molte persone a livello internazionale .
Oggi che l’economia circolare si è popolarizzata, le competenze di Nicola Cerantola sono richiestissime e il lavoro per questo professionista è aumentato in modo esponenziale, come la sua reputazione internazionale.
Esploratore e divulgatore scientifico
Dal 2016 ad oggi numerose Università, agenzie governative, associazioni pubbliche e private in soprattutto Spagna e in America Latina, ma anche nel nostro paese, hanno richiesto i suoi servizi e oltre ottomila persone hanno assistito ai suoi corsi presenziali dedicati all’economia circolare. Nel frattempo prepara una serie di corsi di approfondimento online.
Da notare che il professionista veneto sul documento di identità, nello spazio dedicato alla professione, ha scritto “esploratore”:
Il mio lato forte è la divulgazione scientifica, più che un accademico che fa ricerca io mi sento come uno che, zaino in spalla va a studiare come vive la gente, a capire perché usiamo tanta plastica, a vedere come si gestiscono i rifiuti. Mi sento più identificato con un esploratore che con un ricercatore che studia gli effetti del cambiamento climatico.
Uno degli obiettivi più sentiti da Cerantola è l’educazione dei più piccoli sui temi ambientali, un tema su cui crede ci sia ancora molto da fare:
Ho visto bambini che si addormentano mentre i professori spiegano in modo noiosissimo. Così perdiamo un’opportunità d’oro per ispirare i giovani e spingerli a cambiare le cose. Se in una conferenza i ragazzini giocano con il cellulare vuol dire che non stiamo facendo bene il nostro lavoro. L’educazione ambientale insegnata così può fare danni e perciò mi piacerebbe dedicarmi anche a questa fascia di pubblico.
Primo passo: ridurre le necessità
Uno dei pilastri del pensiero di Nicola Cerantola è il cambiamento di mentalità che non va applicato solo alla gestione dei rifiuti. Spiega:
Educhiamo sempre i bambini a separare i rifiuti correttamente, ma non diciamo loro che non devono continuare a comprare stupidaggini inutili. Li stiamo abbandonando a se stessi in un mercato che mercantilizza la loro vita. I bimbi non esposti alle pubblicità fino ai 12 anni consumano molto meno. È importante insegnare a ridurre le necessità.
Sebbene l’economia circolare sia il tema di moda, Nicola Cerantola è convinto che manchi ancora una vera e propria alfabetizzazione ambientale e teme che si “bruci” il termine prima che si arrivi a utilizzarlo correttamente, come già accaduto in passato con altri vocaboli divenuti di tendenza:
Forse io sono un po’ pessimista perché da dieci anni ripeto le stesse cose. Ma è vero che durante le mie conferenze nessuno alza la mano e mi dice: “questo l’ho già sentito”. Quando bruci l’opportunità di cambiamento è perché non sei sufficientemente coraggioso per cambiare. Oggi tutte le aziende sono innamorate dell’economia circolare, ma sono pochissime quelle che hanno il coraggio di riuscire a cambiare davvero, perché a volte cambiare significa mettere in discussione cose che sono politicamente scorrette. Non possiamo fare economia circolare senza disturbare nessuno. Se vuoi cambiare uno stato di abuso nei confronti dell’ambiente o dei consumatori devi per forza parlare di verità scomode.
Il sogno di una vita ritirata
Grande osservatore della realtà, Nicola Cerantola ha visto cambiare anche la città che ha scelto per vivere e parla così della sua vita da italiano nella capitale spagnola:
Madrid 14 anni fa era un “paesotto”, era quasi come vivere in una nostra città di provincia. In questi ultimi anni è cambiata molto. È più europea ed è diventata più turistica. Si vive molto bene anche se io, che sono cresciuto in un paese, a volte sono stanco di avere tanta gente intorno. Qui hanno una “cultura del rumore” che è diversa dalla nostra. Io sogno una casetta nei campi con il mio orto e le galline. Vorrei essere il più autosufficiente possibile. Credo che la cosa giusta da fare sia cambiare abitudini, meditare e cercare di essere felici con quello che abbiamo, perché abbiamo già tutto.