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Coronavirus in Canada: no al lockdown totale, ma trasferirsi sarà più difficile
Vanessa Bellar

Vanessa Bellar

Vanessa è nata e cresciuta ad Ancona, è laureate in ingegneria civile e gira da anni il mondo con il suo lavoro. Ha vissuto nel Regno Unito, in Australia e, da qualche anno, si è stabilita con tutta la famiglia in Canada. Da donna in un mondo di uomini, Vanessa è da sempre promotrice di diversità, inclusione e uguaglianza di genere. La sua passione per la scrittura l’ha portata a collaborare con blog di caratura nazionale e internazionale. Nel 2019, ha pubblicato il suo primo libro per bambini, "l’Orso Bipolare", ed ha lanciato il suo vlog dedicato alla vita degli italiani all’estero “Turisti Per Sempre”.

Come in ogni altro paese del mondo il coronavirus in Canada è arrivato a stravolgere la vita di milioni di cittadini. Prima che tutto questo succedesse, prima che lo spettro del Covid-19 si abbattesse sul mondo intero, quando all’ordine del giorno c’erano il surriscaldamento del pianeta e le uscite a sproposito di Trump, me lo chiedevo spesso: sarà mai possibile per noi umani cambiare abitudini? Rinunciare a certe comodità alle quali ci siamo così tanto abituati in nome di uno stile di vita più sostenibile? La risposta, mi pare evidente, è: si, è possibile. Se uno dovesse trarre anche un solo insegnamento da questa quarantena forzata è che non bisogna mai dare nulla per scontato.

Gli scenari per il futuro

La realtà è che da oggi al domani le cose potrebbero cambiare radicalmente, per tutti. Anche la nostra normale quotidianità che prima ci pesava, le trasferte in macchina o in aereo verso uffici e conferenze, le gite scolastiche, i viaggi vacanze, gli sport di squadra e le cene al ristorante, oggi sono una lontana memoria. Dico lontana, perché queste ultime settimane sono sembrate un’eternità. Fare la maratona in giardino o sul terrazzo, non visitare neanche una volta la pompa di benzina, non abbracciarsi, non incontrarsi, fare riunioni e corsi scolastici su Zoom, Microsoft Teams o Google Class, andare a fare spesa come se si stesse andando a fare una spedizione su Marte… queste sono le cose che oggi sono diventate la nostra normalità. E ci stiamo gradualmente abituando, perché l’essere umano si adatta a tutto (altra lezione da tenere a mente).

Come cambierà il mondo alla fine di questa emergenza nessuno può dirlo. C’è chi, con gran ottimismo, prospetta una sorta di rinascimento del genere umano e chi, al contrario, pensa che questa crisi, che ci ha portati per necessità a rinunciare a tutte le nostre libertà personali e a delegare la nostra sicurezza allo Stato patriarca, non avrà un lieto fine. In attesa di capire quale dei due scenari si paleserà, vediamo come il coronavirus in Canada sta modificando la vita delle persone.

Canada, un Paese in cui il telelavoro è consolidato da tempo

Il coronavirus in Canada è stato affrontato con decisione dalle autorità e con senso di responsabilità dai cittadini. Ma per i molti italiani che sognavano di trasferirsi nel Paese nordamericano come il principe Harry e la consorte Megan Markle, le cose in futuro potrebbero diventare molto più complesse.

In Alberta, dove vivo, la decisione di far lavorare la maggior parte delle persone da remoto è stata presa il 13 marzo scorso, con solo 315 casi accertati di Covid-19 su tutto il territorio nazionale. Da allora, la maggior parte delle aziende si sono attrezzate per mettere i dipendenti nella condizione di poter lavorare da casa. Chiaro che, in un Paese in cui il telelavoro era già una prassi consolidata, la transizione è stata più liscia anche se comunque complessa e in certi casi, anche onerosa.

Lo stesso giorno ci è stato comunicato che le scuole sarebbero state chiuse e che probabilmente non avrebbero riaperto fino al prossimo settembre. Perché, occorre dirlo, il governo canadese (sia federale che provinciale) ci ha sempre trattato come persone intelligenti e ci ha detto sin dall’inizio, senza mezzi termini, che cosa sarebbe successo.

Nel caso della scuola, avendo il virus un periodo di infettività presunto di oltre 20 settimane, sospendere la scuola a marzo avrebbe significato tornarci a giungo, cioè quando dovrebbe chiudere per le vacanze estive. La matematica è presto fatta. Tutti a casa dunque.



Il governo canadese non ha imposto il lockdown totale

Il governo liberale canadese non ha mai imposto il total lockdown. Ancora oggi possiamo uscire, volendo. Fin da subito ci è stato “consigliato” di praticare social distancing (ora, ridenominato physical distancing). La maggior parte dei negozi, a parte le catene principali di elettronica, cibo e altri prodotti essenziali, hanno o chiuso o instaurato un sistema di sicurezza per limitare il numero delle visite. Punti di ritrovo come biblioteche, pub, ristoranti, palestre, cinema hanno chiuso. Tutti i parchi nazionali e provinciali sono stati chiusi. Le attività ludiche e sportive ed agonistiche sospese. I confini sono stati blindati – a parte lo scambio di merci con gli Stati Uniti.

Le autorità canadesi hanno preso la situazione di petto, facendo tesoro delle esperienze cinese, coreana e italiana. Prevenire è meglio che curare. I canadesi, che hanno un grosso senso di responsabilità, un forte senso civico ed il rispetto delle regole, hanno risposto seguendo le linee governative e si sono adattati. Le strade si sono svuotate, da un giorno all’altro, la vita è cambiata e la curva dei contagi, soprattutto ad ovest, si sta già appiattendo.

Certo, il fatto di avere un territorio vasto, case grandi ed un clima che per sei mesi l’anno costringe la gente a vivere comunque indoor ha indubbiamente facilitato la transizione.

I problemi per l’economia e gli aiuti ai cittadini

Nonostante l’efficienza del Paese il passaggio del coronavirus in Canada non sarà indolore non solo dal punto di vista sanitario ma anche economico. Il Paese uscirà da questa crisi con un’economia sofferente. Il settore energetico, che rappresenta una grossa fetta del PIL nazionale, è al tappeto, con il prezzo del petrolio che ad oggi è di $5/barile. Il turismo ha subito un colpo fortissimo. Ed anche le catene produttive hanno rallentato. Trudeau ha stanziato da subito circa $82 miliardi per far fronte alla crisi. Aiuti che sono già disponibili dai primi di aprile a tutti i residenti e che molti stanno già ricevendo.

Il coronavirus in Canada renderà più difficile il sogno di trasferirsi nel Paese

Il Primo Ministro è stato molto franco nell’ultimo messaggio quotidiano al Paese: il social distancing verrà probabilmente imposto fino a luglio e la crisi rimarrà tale finché non si sarà trovato un vaccino.

Per gli italiani e tutti quelli che sognavano e ancora sognano un futuro all’ombra degli alberi d’acero, le cose si sono complicate di molto. I confini rimarranno chiusi chissà per quanto ancora, il traffico di merci e di persone limitato. E con l’economia canadese che avrà subito un forte sisma, emigrare in Canada sarà difficilissimo. Probabilmente, ci sarà una selezione ancora più capillare dei possibili candidati ed un livellamento verso l’alto – ovvero, si lasceranno entrare solo i super qualificati. Sono supposizioni.

Per ora, stringiamo i denti ed andiamo avanti. Da project manager, ho imparato che ogni rischio porta con sé delle opportunità. Quali queste siano solo il tempo potrà dirlo.

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