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Italiani all’estero: le tradizioni come terapia anti depressione da lockdown
Erika Bezzo

Erika Bezzo

Erika Bezzo è coach strategico e interculturale, certificata presso l’ICF (International Coach Federation). Fondatrice di ChangeXperience.com, è specializzata nell’accompagnamento di chi lascia il proprio paese per iniziare una nuova avventura all’estero. I suoi 12 anni di esperienza come manager nel campo del marketing e della comunicazione l’hanno portata a vivere e lavorare in Italia, Germania, Francia e Spagna. Tiene sessioni di coaching in italiano, spagnolo, francese, tedesco e inglese. Le lingue, la lettura e la scoperta di nuove culture sono le sue passioni.

I paesi europei stanno lentamente riaprendo i loro confini e gli expat, finalmente, tirano un sospiro di sollievo. In ogni parte del mondo gli italiani all’estero hanno vissuto o stanno ancora vivendo una situazione di mobilità limitata, come tutti certo, ma con un’angustia in più: la lontananza forzata dall’Italia. La depressione da lockdown in molti casi ha fatto sentire i suoi effetti perché quando la scelta di partire si trasforma in divieto di tornare ti senti improvvisamente in esilio. Confini nazionali chiusi, spazio Shengen sospeso, voli cancellati, traghetti soppressi ti fanno sentire in trappola. Se l’avvento dei voli low cost aveva ridotto le distanze, la pandemia le ha di nuovo dilatate.

Abituati a correre con i nostri trolley da un aeroporto all’altro, consultiamo ora compulsivamente i siti delle compagnie aeree, sognando il volo che non c’è. Nel frattempo, fase permettendo, ci si consola con una gita fuori porta, meglio se a chilometro zero.

La cucina e le tradizioni come rimedio anti depressione da lockdown

In questi mesi di confinamento in terra straniera è cresciuta la nostra voglia di casa. “Se sei in esilio – scrive Paulo Coelho –  vuoi serbare ogni ricordo delle tue radici”. Non a caso, nel periodo pasquale, chat e gruppi WhatsApp si sono riempiti di ricette, consigli e suggerimenti per la preparazione dei piatti nostrani. La caccia agli ingredienti, già ardua di per sé quando vivi all’estero, diventa mission impossible in epoca di coronavirus. Accade così che gli italiani all’estero riversino le loro energie creative in cucina per colmare quel ritrovato bisogno di tradizione, acuito dal desiderio di un ritorno impossibile.

Trascorsa la Pasqua abbiamo iniziato a guardare con ansia alle vacanze estive. Il susseguirsi dei mesi ha accresciuto la preoccupazione per i genitori, spesso anziani, talvolta malati, che ci attendono in Italia. Se la pandemia ha avuto il grande merito di elevare le abilità tecnologiche dei nostri anziani, ci ha anche dimostrato che, alla lunga, un abbraccio vale più di mille videochiamate e che quei baci virtuali rimangono pur sempre una magra compensazione.

In tutto ciò, oltre al Covid, potenzialmente in agguato in ogni oggetto che tocchiamo, l’incertezza è stato il nostro nemico più grande, perché ciò che non puoi controllare in qualche modo ti controlla. Focalizzarci sulle piccole cose, cucinare, rispolverando le nostre tradizioni è stata allora un’ancora di salvezza.

Sono stati mesi emotivamente duri, in bilico tra la paura per i nostri cari e la nostalgia per la nostra terra. Ma giorno dopo giorno l’orizzonte si è schiarito e, complice il desiderio dei governi di far ripartire l’economia, si è riaccesa anche la speranza di un rientro estivo. Rimettere piede in Italia quest’estate sarà così un’esperienza nuova, perché come diceva John Milton, un breve esilio rende dolce il ritorno.

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