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Donne expat, come reinventarsi quando si va a vivere all’estero
Erika Bezzo

Erika Bezzo

Erika Bezzo è coach strategico e interculturale, certificata presso l’ICF (International Coach Federation). Fondatrice di ChangeXperience.com, è specializzata nell’accompagnamento di chi lascia il proprio paese per iniziare una nuova avventura all’estero. I suoi 12 anni di esperienza come manager nel campo del marketing e della comunicazione l’hanno portata a vivere e lavorare in Italia, Germania, Francia e Spagna. Tiene sessioni di coaching in italiano, spagnolo, francese, tedesco e inglese. Le lingue, la lettura e la scoperta di nuove culture sono le sue passioni.

Quello delle donne expat è un universo spesso poco conosciuto, composto da persone di età, condizioni socio-economiche e motivazioni differenti. C’è un gruppo, tuttavia, che costituisce il nocciolo duro delle donne che lasciano l’Italia per andare a vivere all’estero: quello delle mogli o compagne che decidono di seguire il proprio partner. Anche se le cose stanno lentamente cambiando, ancora oggi nella maggior parte dei casi è la carriera dell’uomo a determinare gli spostamenti internazionali della famiglia. Solo il 23% dei contratti di espatrio è infatti generato da donne (Fonte: Expatresearch).

Il ruolo femminile, in queste transizioni, è tanto fondamentale quanto delicato. Il contesto infatti, richiede alle donne di focalizzarsi sugli equilibri familiari, quanto mai precari in un ambiente nuovo e sfidante come quello del paese di accoglienza. A questo si aggiungono le difficoltà burocratiche, linguistiche, relazionali che accompagnano ogni espatrio. Dopo la partenza, la donna si trova ben presto sola, in mezzo a scatoloni ed effetti personali sparsi, a dover mettere ordine fuori e dentro di sé, con la consapevolezza che la nuova situazione di vita rischia di compromettere i suoi bisogni di autorealizzazione e le sue aspettative.

Le difficoltà

Le donne che partono in espatrio devono continuamente riposizionarsi in un ambiente straniero, creare una nuova rete sociale, spesso reinventarsi a livello professionale, ma questo implica il passare attraverso una fase di dubbi e di ricerca che può minare la loro autostima. Ogni trasferimento è un nuovo inizio e dopo un po´ di tempo questo continuo rimodellarsi per aderire al nuovo ambiente fa perdere l’orientamento a tal punto da non sapere più chi si è e cosa si vuole.

Una condizione paradossale

Molte donne expat, tirando le fila della propria vita, provano un profondo senso di frustrazione. Si rendono conto di aver supportato la crescita di  tutti i membri della famiglia, ma di aver dimenticato se stesse;  di avere un immenso potenziale grazie alle incredibili esperienze fatte, ma di non averle consolidate in un curriculum “vendibile”; di aver guadagnato in autonomia imparando a cavarsela ovunque nel mondo, ma di aver perso la propria indipendenza finanziaria. Una condizione paradossale in cui l’espatrio, allargando i loro orizzonti ha in parte limitato le  loro scelte. Un eccesso di libertà che ha finito per limitare la loro libertà.

Reinventare se stesse

Secondo uno studio condotto da Brookfield nel 2016, l´84% dei coniugi che parte per seguire il partner nel suo incarico all’estero ha un diploma universitario, il 65% di loro lascia il proprio lavoro per poter accompagnare il partner, ma di questi solo 1 su 4 riesce a ricollocarsi professionalmente durante il soggiorno all’estero.

Seguire la propria carriera è difficile per una donna che cambia costantemente paese, ma certamente non impossibile. Alcune carriere sono più mobili di altre e Internet oggi offre delle possibilità reali attraverso varie forme di lavoro a distanza.

Molte donne expat hanno approfittato della nuova vita all’estero per approfondire i propri studi o per riorientarsi verso nuovi settori riuscendo, una volta che la famiglia si era stabilizzata, a focalizzarsi sulla definizione di un nuovo progetto professionale. Alcune donne espatriate hanno così avuto la possibilità di realizzare i propri sogni o di cambiare carriera. Ovviamente ciò implica la voglia di mettersi in discussione e la volontà di reinventarsi. È indispensabile imparare a conoscersi, identificare i propri punti di forza, le proprie competenze, e sintonizzarle con il nuovo ambiente.

Il supporto

Con 6 traslochi internazionali in 15 anni, 12 anni di management in azienda e 8 anni come libera professionista, moglie di un manager internazionale e madre di due figlie nate all’estero, posso dire di aver vissuto sulla mia pelle molte dinamiche e processi che le mogli expat sperimentano in questa vita itinerante, tanto da aver fatto dell’accompagnamento delle famiglie in transizione uno dei principali obiettivi della mia attività di expat coach.

In questi anni ho accompagnato molte delle mie clienti in questo percorso di adattamento e reinvenzione: dal bilancio della propria vita alla decisione di prendere in mano il proprio futuro, dalla ricerca di sé alla ricomposizione della propria identità perduta, dalla paura di aver perso la rotta alla definizione di un nuovo progetto professionale.

Queste donne hanno in comune molti aspetti tra cui volontà, apertura, curiosità, determinazione, ma soprattutto  due elementi fondamentali che hanno facilitato la loro riconversione: un partner che le ha incoraggiate, supportate e valorizzate nel periodo di transizione e il coraggio di farsi aiutare.

L’espatrio come progetto di famiglia

Un espatrio riuscito passa per la presa in considerazione dell’espatriato ma anche della sua famiglia. Quella che a livello psicologico è un’esperienza intensa, fatta di andamenti altalenanti, adattamento, sforzi e pazienza, può anche presentare delle vere e proprie opportunità, per i singoli individui, per la coppia e per la famiglia nel suo insieme. Perché ciò accada è necessario un allineamento delle aspettative di tutti i membri della famiglia stessa, oltre ad una preparazione specifica e un accompagnamento professionale prima e durante ogni trasferimento.

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