Ha una mente brillante, una personalità effervescente e la determinazione di chi non molla mai. Nanda Rea è l’astrofisica italiana a capo di un importante gruppo di ricerca presso il Consiglio Superiore della Ricerca Scientifica di Barcellona (CSIC). Poco più che quarantenne la scienziata, tra le pochissime donne ai vertici nel suo settore, ha bruciato le tappe ricevendo diversi riconoscimenti per i suoi studi sulle magnetar, stelle di neutroni che generano campi magnetici potentissimi, irriproducibili in laboratorio.
La incontro in un bar della capitale catalana e tra un bocadillo e un cappuccino Nanda Rea mi racconta di una vita all’insegna non solo della curiosità scientifica, ma anche delle sue grandi passioni: la musica, il canto e lo sci. Nessuna però batte quella per i suoi bambini, tre maschi di 12, 10 e 3 anni.
Multiculturalità, un fattore vincente
Di madre iraniana e padre italo-argentino, Nanda Rea nasce e cresce a Roma in una famiglia in cui la convivenza di culture e religioni differenti (ha anche un fratello adottivo del Mali) è la norma. Racconta:
Tutta la mia famiglia da parte di madre è mussulmana e vive in Iran. Mio padre è mezzo ebreo e mezzo cattolico. Oggi mi rendo conto che l’abitudine ad avere punti di vista totalmente diversi in famiglia mi ha regalato una grande elasticità mentale e mi ha aiutato nel mio lavoro. Per me era normale vedere mia nonna materna ripetere le sue litanie in un angolo del salotto, mentre mio padre suonava la chitarra classica e nella stanza accanto mio fratello metteva musica rock a tutto volume.
La musica da sempre e per sempre
Benché oggi sia tra i nomi di spicco del panorama scientifico internazionale, i primi amori di Nanda Rea non sono stati i misteri dell’universo, bensì lo sport e la musica. A quindici anni gioca a pallavolo in serie C, poi diventa maestra di sci (titolo che non hai mai utilizzato professionalmente), ma è il canto a farle vivere le emozioni più grandi.
Sin da piccola ho studiato canto e flauto. Ho cantato nell’Accademia filarmonica di Roma, fatto concerti a San Pietro e in tutte le grandi basiliche. Il nostro repertorio era la musica polifonica classica del ‘300 e del ‘400. Musica di chiesa. Ero un caso curioso visto che io, frutto di un mix di religioni e nemmeno battezzata, conoscevo le Ave Maria e le Messe meglio di molti compagni cattolici. A casa mia si sentiva musica sempre. Poi ho avuto gruppi Reggae e Jazz con cui mi esibivo in tutta Roma. Oggi ho una collezione di oltre duemila dischi di tra musica classica e jazz.
Quando giunge il momento di decidere se provare a diventare una stella della musica o piuttosto dedicarsi allo studio delle stelle, Nanda Rea sceglie quest’ultimo cammino iscrivendosi alla facoltà di Fisica di Tor Vergata.
Mi resi conto che la carriera musicale per me era troppo complicata perché è un lavoro nel quale non conta solo quanto sei bravo, ma anche quanto ti sai vendere. Con il mio carattere non sarei riuscita ad andare da nessuna parte. È un limite che mi avrebbe portato sicuramente a fallire. Nella scienza, invece, se studi e sei bravo, vai avanti indipendentemente dalla capacità di promozione personale.
La carriera: esplosiva come una supernova
Provenendo dal liceo classico il primo anno di Università risulta durissimo per la futura scienziata, che non si dà per vinta e con la grinta e la forza di volontà che la contraddistinguono, si mette a studiare come mai prima. Racconta Nanda Rea:
È stata una sfida ma a settembre del primo anno sono riuscita a dare tutti gli esami prendendo sempre il massimo dei voti. Ci sono cose che non puoi controllare, ma altre che dipendono solo da noi. Se vuoi una cosa, devi volerla abbastanza. Se non la vuoi abbastanza, non farla, non importa.
Da quel momento la carriera di Nanda Rea procede a un ritmo vertiginoso. Prima ancora di laurearsi riceve una borsa di dottorato all’osservatorio di Roma che nel 2004 la porta ad Amsterdam, dove resterà sei anni per guidare un progetto di ricerca. E intanto continua a cantare:
Avevo un gruppo vocale di musica polifonica medievale. In Olanda quel tipo di musica ha tantissimi appassionati, ho cantato all’Ambasciata italiana, quella spagnola a quella della santa sede. Poi avevo un quartetto Jazz con cui ho inciso anche un disco. Non avevo ancora figli, perciò il tempo libero lo passavo sempre a suonare.
Da Amsterdam a Barcellona incinta di 8 mesi
La vita tra laboratorio e palcoscenico di Nanda Rea arriva a una svolta nel 2009 quando, tre anni dopo essersi sposata, scopre di aspettare un bambino.
L’idea di far crescere mio figlio in Olanda non mi piaceva. La cultura e i rapporti umani sono troppo diversi dai nostri, la sanità è orribile ed è difficile integrarsi completamente. Non volevo nemmeno tornare Italia dove le opportunità, purtroppo, sono sempre poche. Perciò presentai un progetto di ricerca in Francia e in Spagna, gli unici due paesi in cui pensavo di trovare abitudini simili alle nostre. Ottenni entrambe le posizioni e alla fine optai per Barcellona.
A un mese dal parto Nanda Rea arriva nella capitale catalana senza sapere una parola di spagnolo e con un progetto di ricerca da un milione di euro, da sviluppare in cinque anni. Alla fine del 2009 nasce il suo bambino e nel 2012 il secondo.
L’allargamento della famiglia e la crisi, che poco più tardi colpisce duramente l’economia internazionale rende più complicato il lavoro di Nanda Rea che per diversi anni si trova costretta a fare la spola tra Barcellona e Amsterdam. Nel 2015 però le assunzioni si sbloccano e la scienziata italiana vince un complesso concorso che le attribuisce il ruolo di funzionario dello stato spagnolo.
Leader di un progetto da tre milioni di euro
Insignita lo scorso anno del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia, premiata nel 2017 come giovane talento della ricerca scientifica dal Dipartimento di Impresa e Conoscenza della Generalitat di Catalunya, vicinitrice nel 2020 del Premio della fondazione Banco Sabadell alle scienze e all’ingegneria e inserita nel 2021 nella mostra fotografica “Ragazze italiane”, organizzata dal Consolato Italiano di Barcellona per promuovere l’eccellenza femminile italiana in Spagna, oggi Nanda Rea gestisce un team di 15 persone impegnate in un progetto ambizioso. Da esperta divulgatrice scientifica, chiamata spesso a tenere seminari nelle scuole e nelle associazioni di appassionati di astrofisica, lo spiega in parole molto semplici:
Grazie a strumenti sempre più potenti negli ultimi dieci anni abbiamo osservato che quando una stella molto grande muore, scoppia e crea una supernova così brillante che possiamo vederla anche se si trova in galassie lontanissime. Queste esplosioni generano stelle di neutroni, o pulsar, densissime, con campi gravitazionali e campi magnetici enormi. Oggi nella nostra galassia ne vediamo solo duemila, ma con modelli e simulazione abbiamo calcolato che possano essere almeno dieci milioni. Vogliamo scoprire quanti di questi “oggetti” ci siano nella nostra galassia, perché questo ci potrebbe permettere di stabilire quante esplosioni di supernova possiamo aspettarci nelle altre. Dobbiamo capire che strumento costruire per riuscire a vederle.
Al profano la spiegazione della scienziata appare di certo affascinante, ma di difficile comprensione sul piano delle possibili applicazioni pratiche. Per questo Nanda Rea precisa:
Queste stelle di neutroni sono i campi magnetici più forti che conosciamo e al momento non siamo capaci di riprodurli in nessun modo sulla terra. Per capire cosa accade alla materia sotto questi campi dobbiamo osservare queste stelle. In pochi anni grazie a questo tipo di ricerche abbiamo fatti enormi progressi in ogni campo, dalle risonanze magnetiche, alla geolocalizzazione sui cellulari fino ai treni a levitazione. Nei prossimi anni di certo troveremo nuove applicazioni concrete.
Gestire le risorse umane: il “buco nero” della formazione scientifica
Comunicativa per natura (caratteristiche che attribuisce alla sua romanità) e benché abituata al pubblico dei concerti e a quello dei seminari scientifici, Nanda Rea vede nella gestione delle risorse umane il lato più complesso della sua professione. Spiega la scienziata:
Nella formazione scientifica mancano completamente le competenze di management e di comunicazione. Lo scienziato medio non ritiene importante questo fattore tranne quando ottiene cariche direzionali e si ritrova a dover gestire gruppi di persone, tutte con caratteri ed esigenze differenti. In passato gli scienziati erano più isolati, ma oggi è essenziale essere dei manager, saper fare un business plan, comunicare in modo efficace ed essere in grado di gestire eventuali conflitti.
Ancora troppe poche donne scienziate
Benché il panorama cominci a cambiare, le donne in ambito scientifico continuano ad essere poche e le discriminazioni un problema irrisolto. Secondo Nanda Rea, che ha partecipato a varie commissioni di studio della UE per valutare la presenza femminile, in alcuni paesi il problema è più presente che in altri:
Germania, Olanda e Nord Europa sono i paesi più discriminatori. La UE li obbliga ad avere una certa quota di donne in ogni commissione, ma la loro presenza non ha peso. Mi è capitato di stare con professoroni anziani che ti fanno sentire invisibile. Mi è anche capitato di essere invitata come relatore a un seminario e di incrociare colleghi che ti chiedono di chi sei lo studente, non immaginando che possa essere tu lo speaker. In Spagna le cose vanno un po’ meglio, ci sono tante iniziative per promuove la scienza tra le ragazze.
Volere è potere
Nanda Rea, che dopo la separazione dal primo marito ha avuto un altro figlio dal nuovo compagno, oggi si trova a gestire una famiglia numerosa e conosce i problemi della conciliazione:
A me piace partecipare alla vita e alla crescita dei miei figli, parlare con loro, sapere dei loro amici e ciò richiede tanto tempo. È difficile ma le donne si devono rendere conto che si può essere scienziata, moglie e madre, avere i propri progetti e le proprie passioni. Io mi sento fortunata perché con mio marito dividiamo tutto al 50% e questo, ovviamente, aiuta.
Cambiare si può
Da ottima leader e ricercatrice abituata a porsi delle domande, Nanda Rea ritiene normale, anzi salutare, chiedersi spesso se quello che si sta facendo corrisponde ancora ai propri desideri. Spiega la scienziata:
Non è detto che si debba fare lo stesso per tutta la vita, se un giorno ci si accorge di non avere più entusiasmo e di essere stanchi non succede niente. Nella vita non bisogna avere paura: se uno ha curiosità e voglia di fare, può sempre cambiare.
Forse un giorno la vedremo sul palco de l’Auditori di Barcellona, visto che il suo sogno più grande è fare la cantante Jazz.