È considerata l’Ambasciatrice del vino italiano negli Stati Uniti, ha un’agenzia di comunicazione specializzata nel settore enologico, un blog seguitissimo, The Italian Wine Girl, e una community di oltre 50 mila persone su Instagram. Laura Donadoni, bergamasca, residente in California e oggi anche cittadina americana, è giornalista, imprenditrice, sommelier, wine educator e molte altre cose che la rendono un personaggio da copertina, ma soprattutto è una combattente nata. Nella sua giovane vita ha affrontato ostacoli durissimi con una grinta straordinaria, per amore si è reinventata e ha saputo trasformare una passione in un lavoro di successo, unica donna in un mondo tradizionalmente maschile. Recentemente ha affrontato una grave malattia, di cui nell’intervista non parla, ma che ha rivelato sui social e che l’ha riavvicinata al nostro Paese dopo nove anni frenetici in California. Questa è la sua storia.
Con le parole si può cambiare il mondo
Nata e cresciuta in un contesto modesto, sin da bambina Laura Donadoni sogna di diventare giornalista, affascinata dai mezzibusti che in tv raccontavano le storie del mondo:
Da piccola ballavo sulla sigla del TG1. I miei compagni aspettavano i cartoni animati, io il telegiornale. Non sono figlia d’arte, sono stata la prima della mia famiglia a laurearmi. Mio padre viene da una famiglia contadina, mia mamma era commessa.
Terminato il liceo, la giovane Laura si iscrive a Scienza della Comunicazione e contemporaneamente comincia la gavetta nel mondo del giornalismo, cercando notizie per le pagine di cronaca dei quotidiani locali. Da subito dimostra di avere “fiuto” per le storie:
È stato uno dei periodi più belli della mia vita anche se lavoravo tantissimo ed ero sottopagata. Arrivavo a casa tardi tutte le notti, ma avevo anche tante soddisfazioni. Ne ricordo una in particolare: avevo scoperto che una clinica locale non aveva le fognature e facendo analizzare i liquami scaricati nel canale accanto all’edificio, riuscii a dimostrarlo. Pubblicammo l’inchiesta e nove mesi dopo furono obbligati a costruire la rete fognaria. Per me quel momento fu una rivelazione perché capii che con le parole si può cambiare il mondo.
La radio, la Tv, l’amore e l’enogastronomia
Complice un’intervista galeotta, durante la fase del tirocinio, conosce il suo futuro marito, Marcello Moro, a quel tempo giovane politico in ascesa a Bergamo. Per non avere conflitti di interesse si sposta a Milano e, mentre sogna di fare l’inviata di guerra, lavora a Radio a RTL 102.5 e fa i primi passi in una tv locale, dove presenta una trasmissione dedicata all’enogastronomia. Racconta:
Per tradizione di famiglia sono sempre stata appassionata di prodotti tipici e di vino e da sempre nei weekend andavo a visitare cantine ed artigiani, perciò avevo proposto io il format. Mi piaceva perché mi permetteva di raccontare belle storie e soprattutto le persone.
Il crollo
La brillante carriera di Laura Donadoni nel mondo del giornalismo procede spedita fino a quando il marito non viene coinvolto in un’indagine per truffa e corruzione. La vicenda giudiziaria, finita nel 2017 con la prescrizione del reato, stravolge la vita della coppia che si ritrova senza lavoro e con casa e beni sequestrati. Dopo lo smarrimento iniziale, Laura Donadoni e il marito affrontano scelte cruciali:
Avremmo potuto cercare un lavoro qualsiasi in Italia, anche se non a Bergamo. Per lui un ruolo manageriale qualunque e io forse negli uffici stampa. Ma per nostra natura avevamo bisogno di qualcosa che ci desse una motivazione forte. Non potevamo non perseguire qualcosa di grande.
Ed è proprio pensando a qualcosa di grande che si fa strada l’idea dell’America.
La California e il visto vinto alla lotteria
Da quel momento e per diversi anni la vita di Laura Donadoni scorre in simbiosi con quella del marito, che da sempre appassionato di elicotteri, sogna di diventare pilota, avviare una scuola di volo e una società di servizi elicotteristici. Il tutto negli Usa dove i tempi per ottenere il brevetto di volo sono più brevi e il mercato è più vasto. L’imprenditrice ricorda così quei momenti:
Per riuscire a racimolare i soldi necessari a trasferirci negli Stati Uniti con un visto Investor, che richiede risorse notevoli, ho fatto ogni tipo di lavoro: commessa, assistente nelle farmacie, venditrice di prodotti dietetici. Ma senza l’aiuto economico del fratello di mio marito non ce l’avremmo mai fatta.
A dare una mano alla coppia arriva un inatteso colpo di fortuna: la vittoria dell’ambita Green Card attraverso il programma Diversity Visa. Nel suo libro Come il vino ti cambia la vita. Storie di rinascita, coraggio e ritorno alla terra (Cairo editore) Laura Donadoni racconta in modo magistrale l’enorme emozione di quei momenti, che hanno cambiato per sempre il suo destino:
…Scuotendo la testa, con un sorrisino di rassegnazione sul volto e un pizzico di sana ingenuità (un po’ come quando getti la monetina nella fontana di Trevi), digitammo il link del sito ufficiale dell’Immigrazione e inserimmo il numero di file. Congratulations, you have been selected for the next step of the process. Impossibile, ci deve essere un errore. Quella manciata di parole sullo schermo del pc mi stava comunicando che, nel periodo più nero della nostra vita, avevamo vinto una vita extra, come nei videogiochi: una vita negli States con un visto da residente grazie a una lotteria con lo 0,5 per cento di probabilità di successo? Al primo colpo? Proprio noi? Marcello e Laura?
Da Los Angeles a San Diego
Ottenuta la Green Card e dopo vari viaggi di “esplorazione”, Laura Donadoni e il marito si trasferiscono a Los Angeles, metropoli in cui credono che il loro business potrebbe avere più successo. Ma l’esperienza non risulta così gratificante come avevano immaginato. Racconta l’imprenditrice:
Abbiamo resistito un anno, ma è stato pesante. Los Angeles ha 23 milioni di abitanti, un traffico insostenibile ed era già carissima allora. O si ha la possibilità di vivere in quartieri di un certo livello oppure ci si ritrova in sobborghi poco raccomandabili. C’era anche tanta concorrenza. Per questo alla fine abbiamo scelto di trasferirci a San Diego, dove viviamo tuttora e dove c’è la Little Italy più grande della California. C’è persino la chiesa con la messa in italiano ogni domenica, un centro culturale molto attivo ed è lì che ho trovato il mio primo lavoro da insegnante di italiano.
Commessa in un negozio di abiti da sposa
Benché a Laura Donadoni gli elicotteri non interessino minimamente, nei primi anni continua ad affiancare il marito in azienda, facendo anche altri lavori per arrotondare:
Mentre di giorno mi occupavo dell’amministrazione della scuola di volo, cosa che mi ha obbligato anche a imparare la contabilità americana, di sera lavoravo come hostess nei ristoranti di alcuni amici italiani. Poi ho trovato lavoro come commessa in un negozio di abiti da sposa. Un’esperienza su cui potrei scrivere un libro. Secondo i clienti tutto quello che dicevo era giusto perché il fatto di essere italiana faceva di me un’esperta di moda a prescindere.
La rinascita attraverso il vino
Impegnata a sostenere l’attività di famiglia, Laura Donadoni sembra aver accantonato le antiche passioni per la scrittura e la comunicazione, che avevano fatto di lei una giornalista di successo. Ma è il marito, grato per l’aiuto ricevuto fino a quel momento, ad aprirle nuovi orizzonti:
Una sera Marcello mi disse: “È tempo che tu faccia qualcosa che ti motivi e che sia il tuo percorso. A te piace scrivere, scrivi”. Io però sapevo di non avere possibilità nei media locali perché il mio inglese non era madrelingua e non potevo certo mettermi a raccontare gli americani agli americani. Dovevo trovare qualcosa che potevo raccontare con passione e niente era meglio del vino. Il vino per me era ed è un modo per sentirmi a casa, per ricollegarmi alla mia amata Italia, alla mia famiglia, a mio nonno, alle mie origini.
Con questa nuova consapevolezza Laura Donadoni sostituisce le ore di lavoro in azienda con le ore di studio e in un paio d’anni prende tutti i diplomi possibili per specializzarsi nell’ambito enologico:
Era faticoso ma mi dava molto di più di tutto quello che avevo fatto fino a quel momento. Era una fase di esplorazione. Non avevo ancora un progetto in mente, partecipavo a tutti gli eventi per conoscere le professioni legate al settore. Facevo mille domande per capire dove potevo collocarmi e come monetizzare la mia passione per il vino. Poi ho deciso di aprire il blog e la pagina Instagram, con una community che non smetteva di crescere. Mi sono resa conto che c’era molto interesse intorno al vino italiano e ho capito che quell’interesse andava cavalcato.
Accento italiano? Sì grazie
Il tempo passato a esplorare il mercato rivela a Laura Donadoni due realtà che diventeranno i suoi punti di forza: l’assenza di agenzie di comunicazione specializzate esclusivamente nel vino e la forza del suo accento italiano, di cui per molto tempo si era vergognata.
Vedevo che le agenzie spesso non riuscivano a comunicare correttamente le caratteristiche del vino, mancava qualcuno che sapesse unire la competenza comunicativa con quella enologica. Così aprii la mia società nella quale assumo solo persone competenti e titolate nel settore del vino. Parlando alla gente mi resi conto che il mio accento non era un problema, anzi mi dava credibilità: chi meglio di un’italiana può parlare del vino italiano?
Una giovane donna in un ambiente maschile
Come spesso ancora accade nei settori tradizionalmente più popolati da uomini, l’apparizione di una figura femminile giovane e bella fa storcere il naso a più di una persona. Racconta la protagonista:
Anche negli Stati Uniti quello del vino è un ambiente molto maschile. Spesso nelle competizioni mi capita di essere l’unico giudice donna con altri cinque o sei colleghi uomini, in genere più vecchi di me. In questi casi la discriminazione è tripla: non americana, donna e giovane. A volte ho faticato a farmi ascoltare. Mi è capitato che prendessero decisioni senza consultarmi, per loro non ero abbastanza preparata per essere lì, anche se magari avevo più titoli di loro. In Italia la situazione è ancora a più esasperata perché mi è capitato più volte di essere su un palco con un altro relatore che prende tutto il tempo per sé senza considerarmi, né lasciarmi spazio.
La vita in “modalità Piero Angela”
Impulsiva e passionale, ma soprattutto curiosa e affamata di sapere, Laura Donadoni è attratta da tutto ciò che è nuovo:
Non so se è un pregio o è una dipendenza, ma so che le novità mi danno dopamina. Questo fa si che io abbia sempre voglia di imparare. Anche quando vedevo abiti da sposa andavo in negozio in “modalità Piero Angela”, mi piace osservare e grazie a questo sguardo curioso sul mondo ho imparato molte cose anche da ambiti che non mi interessavano.
È facile comprendere come per una personalità tanto vivace la vita americana a volte possa risultare noiosa. Spiega l’imprenditrice:
Dell’Italia mi manca la diversità. In California è tutto troppo ripetitivo, dai menu dei ristoranti ai paesaggi, fino agli stimoli artistici. Per noi italiani abituati ad avere tantissime cose diverse da scoprire nel raggio di 50 chilometri qui è noioso. Per trovare qualcosa di diverso nel weekend bisognerebbe prendere un aereo, così si finisce per lavorare tantissimo.
Portare il vino a teatro
Creativa e sempre in movimento, tanto che nella lista dei desideri c’è quello di vedere più posti possibili nel mondo, Laura Donadoni ha il sogno di “svecchiare” il modo in cui si parla di vino oggi:
Vorrei riuscire a parlare di vino in modo divertente, fresco. Credo che il mio settore abbia bisogno di leggerezza. Per esempio, ora sto lavorando all’idea di portare il vino a teatro, vorrei esplorare nuovi modi di comunicare al di fuori dei social, che ci hanno omologato con le loro regole e algoritmi. Voglio la libertà assoluta di comunicare il vino in maniera artistica.
Vista la determinazione, prepariamoci a brindare in prima fila.