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Argentina, dall’euforia dei mondiali alla crisi di sempre
Monica Tortora

Monica Tortora

Ho 48 anni vivo da un anno a Buenos Aires dove ho deciso di dare una svolta alla mia vita. Mi sono iscritta alla facoltà di "Turismo rural" presso la FAUBA e sogno di lavorare nell'ambito del turismo ecosolidale e sostenibile in Argentina.

È passato ormai più di un mese dalla consacrazione della nazionale argentina, definita in patria Scaloneta, a campioni del mondo. La drammatica ed entusiasmante vittoria della selección contro quella francese è stata una delle più palpitanti finali della storia del mondiale e per chi è espatriato in questo paese è stata una un’opportunità di vivere in prima persona un “batticuore calcistico” tra i più grandi di sempre, a cui hanno fatto seguito festeggiamenti quasi irreali.

Per noi italiani, esclusi dal mondiale, vivere in Argentina ci ha regalato il piacere del trionfo, con ricordi indelebili di tifo sfrenato e di gioia incontenibile. Un momento di catarsi collettiva che difficilmente si potrà riprodurre in altri luoghi e per altre vittorie sul pianeta. Per inciso, le magliette albiceleste erano introvabili prima della finale del 18 dicembre!

I ragazzi guidati da Lionel Scalono hanno realizzato una vera impresa calcistica: l’intera squadra si è coesa per far sì che il loro amato capitano, Leo Messi, potesse meritatamente alzare la Coppa al cielo al suo ultimo tentativo, come già aveva fatto 36 anni prima un altro idolatrato argentino del calcio: Diego Armando Maradona.

Il nome in omaggio a Lionel Scaloni

Ma se la vita del capitano Messi è universalmente conosciuta, meno si sa dell’altro Lionel di questa squadra: Scaloni (entrambi sono di origine marchigiana). Il giovane e pressoché sconosciuto allenatore dell’Argentina si era preso in carico la squadra dopo il Mondiale del 2018, in un momento critico di decadenza della AFA (la nostra FIGC), accettando con coraggio dal questionato presidente Tapia, e tra lo scetticismo di tutti, un incarico che nessuno voleva assumere in quel frangente. Lo stesso Maradona commentava al riguardo che “Scaloni era un bravo ragazzo, ma che non gli avrebbe fatto dirigere neanche il traffico”.

C’è da rimarcare il coraggio e la tenacia di Scaloni che, non avendo niente da perdere, in quel momento non si scompone e comincia a lavorare duro, con serietà, caparbietà e con un atteggiamento sempre molto solido. In un paese che non riesce a progettare niente, neanche a breve termine, lui ha dimostrato che è possibile costruire qualcosa di concreto grazie al duro lavoro, fatto con serietà, in silenzio e con pacatezza (gli argentini delle provincie dell’interno del paese sono così, l’esatto contrario dei “rumorosi” porteños e bonaerensi).

Tra le caratteristiche di questa vittoriosa nazionale argentina spicca il suo “federalismo”. L’Argentina è una repubblica federale, ogni provincia ha una propria autonomia, ma il paese è Buenos Aires centrico a scapito delle provincie più lontane (le distanze dell’ottavo paese più esteso del mondo si fanno sentire non poco).

Finora le nazionali erano state sempre formate da giocatori provenienti prevalentemente dalla parte più sviluppata del Paese, ovvero Buenos Aires capitale e la sua estesa conurbazione bonaerense, ma stavolta il paradigma è cambiato: se guardiamo i luoghi di nascita dei giocatori vediamo rappresentata l’Argentina in maniera più completa: Gran Buenos Aires, Entre Rios, Cordoba, Neuquén, La Pampa, Tucuman, e Santa Fé.

Il calcio, comune denominatore di tutta l’Argentina

Ogni quartiere (di città grandi, medie e piccole), ogni paesino, anche il più remoto, possiede un club sportivo alla portata dei giovani del luogo. È in questi luoghi di socializzazione e di formazione che i ragazzi iniziano a tirare calci al pallone in forma organizzata. Gli osservatori delle squadre più o meno grandi (in Argentina esistono tra 250 e 300 squadre di calcio organizzate in sette tornei piramidali) percorrono il paese in lungo e largo a caccia di talenti, quindi il ricambio è continuo ed è normale che i migliori finiscano con il giocare in Europa. Un chiaro esempio di come funzioni questo sistema sono le nuove stelle poco più che ventenni, Enzo Fernandez (miglior giocatore giovane del mondiale) e Julian Alvarez (bomber albiceleste), giovani che sono cresciuti e sbocciati nel prestigioso River Plate, dove hanno giocato fino allo scorso giugno, per poi trasferirsi in Europa poco prima del mondiale.

Entrambi arrivano da contesti umili, dove è facile trovare realtà di miseria ed emarginazione e dove i club sportivi rivestono un ruolo fondamentale per tenere i ragazzi al sicuro dalla contaminazione della criminalità. Tutti i giocatori non hanno mai tagliato il cordone ombelicale e continuano ad essere molto legati al loro luogo d’origine, tornandoci spesso per ricongiungersi alle loro famiglie e alle loro amicizie. Lo stesso Leo Messi trascorre tutte le sue feste familiari a Rosario, parla ancora con la cadenza “rosarina” e beve mate.

Cinque milioni di persone a Buenos Aires per festeggiare la vittoria de mondiale

La Scaloneta ha conquistato un po’ tutti nel mondo e in patria questi ragazzi sono visti come esempi di resilienza per aver dimostrato che le cose possono migliorare attraverso il sacrificio, l’impegno e la dedizione. Per qualche giorno tutti si sono dimenticati i problemi del Paese e il rientro della nazionale argentina con la Coppa del Mondo ha scatenato un evento socioculturale di portata storica. I festeggiamenti hanno riversato a Buenos Aires cinque milioni di persone.

nazionale argentinaLe immagini della marea umana che accoglie i campioni del mondo in carica ha fatto il giro del pianeta. Per una volta nella sua storia, il Paese ha potuto sperimentare un avvenimento che non ha creato la spaccatura di sempre, spesso cercata dai politici per poter mantenere il potere nel tempo.

La vittoria della nazionale argentina ha generato molte speranze e aspettative per un futuro migliore, palesate dai cinque milioni di persone confluite a Buenos Aires. Le conseguenze di questo assembramento sono costate la vita a due persone e hanno lasciato un centinaio di feriti, oltre ai danni materiali ad alcuni spazi pubblici. Considerata l’indisciplina atavica degli argentini il bilancio poteva essere molto più catastrofico.

Follia collettiva e gesti estremi

Il mezzo su cui viaggiavano i calciatori è uscito indenne da un percorso lento e alquanto pericoloso. Quello che si è rivelato come una sorta di peregrinaggio, è degenerato in una completa deriva formata da milioni di esseri umani ai piedi del bus, adoranti e a tratti fuori controllo. Messi & Co. sono letteralmente rimasti alla mercé degli avvenimenti e del sole cocente. Le immagini ci hanno mostrato il pullman della Scaloneta bloccato per ore tra la gente in delirio, e per un lungo tratto senza protezione delle forze dell’ordine. Le scene estreme sono state numerose, arrivando a quella dei due esagitati che si sono buttati da un ponte direttamente sull’autobus scoperto, azione che poteva finire in tragedia, ma che in questo caso è terminata “solo” con un ricovero in ospedale.

Il tour di saluto della nazionale argentina, viste le difficoltà nell’avanzare, è finito con un sorvolo in elicottero sulla Avenida 9 de Julio (la strada principale della città), unica soluzione al problema della cattiva organizzazione. La gente non si è scomposta e, anche se un po’ delusa, ha continuato i festeggiamenti, consegnando così alla storia una giornata indimenticabile.

Il ritorno dell’Argentina alla dura realtà: un tasso di povertà del 52%.

Dopo un 2022 costellato di avvenimenti tragici: incendi devastanti che hanno distrutto estesi terreni coltivati e parte della flora e fauna selvatica del Parco Nazionale di  Iberá; una siccità feroce in tutto il Paese (che già si stima farà perdere 15 miliardi di dollari di esportazioni tra coltivazioni e bestiame); l’attentato alla vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner e la sua condanna a sei anni per frode ai danni dello stato, l’inizio di questo 2023, non si preannuncia migliore. Le continue proteste orchestrate dalle potenti organizzazioni sociali che gestiscono i sussidi alle fasce più povere della società bloccano quasi tutti i giorni il centro della capitale, proteste in buona parte generate dai numeri impietosi raggiunti dall’attuale governo, che da luglio a dicembre ha cambiato tre ministri dell’economia, causando la caduta del peso (la moneta argentina) con un’inflazione accumulata pari al 94.8% in un anno, e il tasso di povertà volato all’agghiacciante percentuale del 52%.

Il governo dei Fernandez (Alberto e Cristina) è stato un fallimento su tutti i fronti, la gente è delusa e preoccupata, chi può va via dal Paese, e con l’incerto anno elettorale alle porte, il trionfo della nazionale argentina è stato davvero un toccasana, breve ma allo stesso tempo potente, perché ha trasmesso la speranza che con sforzo e con tanti sacrifici il Paese possa tornare a crescere e a contare di più nella regione e nel mondo.

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